"E' assolutamente sensata la proposta di Eugenio Scalfari che divenga segretario del Pd chi prende più voti alle primarie, anche se non ha la maggioranza assoluta. Sono d'accordo anch'io. Io ho sempre sostenuto che la scelta di affidare al popolo delle primarie la sovranità, cioè la scelta fondamentale dell'elezione del segretario, è un atto politico molto intelligente. Più gente voterà il 25 e più noi saremo forti nel fare opposizione.Mi fa piacere che Bersani riconosca che la sovranità è dei nostri elettori. E' assolutamente sensato che chi ha più voti divenga segretario anche se non ha maggioranza assoluta.Una volta che chiamiamo al voto centinaia di migliaia di persone siano esse un milione, due milioni o tre, se alla sera del 25 ottobre risulta che nessuno dei candidati ha il 50%, ma ha magari il 48 o il 47%, non possiamo dire loro 'scusate per il disturbo, non decidete più voi, decidono i 1.000 membri dell'Assemblea nazionale.Se abbiamo deciso di affidare la sovranità agli elettori, la scelta fondamentale di eleggere il segretario, dobbiamo rispettare la decisione: se uno ha, poniamo, il 48 e uno il 42, sarebbe impensabile che la maggioranza di quegli elettori non esprima poi il segretario"
Articolo di "La Repubblica"
http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/politica/partito-democratico-32/primarie-scalfari/primarie-scalfari.html?rss
La proposta lanciata da Eugenio Scalfari trova il via libera di due candidati
Ma il chirurgo non accetta: "No ad accordi, ci sono le regole che non si possono cambiare"
Pd, le primarie decidono il segretario
Sì di Franceschini e Bersani, no di Marino
Il segretario: "Non si chiedono i voti il 25 per fare l'ago della bilancia dopo...''
ROMA - Sarebbero potute bastare le primarie ad eleggere il nuovo segretario del Pd. Anche nel caso in cui il primo arrivato non avesse superato la soglia del 50%. La proposta lanciata da Eugenio Scalfari trova il via libera di Dario Franceschini e Pierluigi Bersani. Ma il "no" di Ignazio Marino fa saltare tutto. Se l'ex chirurgo avesse dato il proprio benestare, il 25 ottobre, per vincere, sarebbe bastato ottenere un voto in più degli altri sfidanti. E non, come prevede il pluricriticato Statuto del Pd, più del 50% delle preferenze. Adesso, se il vincitore non dovesse raggiungere questa soglia, la parola spetterà all'assemblea nazionale composta da 1000 delegati. Un passaggio Scalfari proponeva di abolire. Un'idea che a Franceschini era piaciuta: "Sono d'accordo con Scalfari, una volta che chiamiamo al voto centinaia di migliaia di persone, se alla sera del 25 ottobre risulta che nessuno dei candidati ha il 50%, ma ha magari il 48 o il 47%, non posiamo dire loro 'scusate per il disturbo, non decidete piu' voi, decidono i mille membri dell'assemblea". Poco dopo arrivava anche il via libera anche di Bersani: "E' chiaro che ogni delegato ha diritto ad invocare le regole dello statuto e non è che tre candidati possono cambiare le regole. Se, invece, parliamo di politica, non c'è dubbio che per quanto mi riguarda sono orientato a riconoscere la vittoria di chi prende un voto in più alle primarie". Ma quando toccava a Marino, tutto saltava. "Cambiare le regole delle primarie a meta' partita ricorda più le politiche di Palazzo che quelle del Pd che vorrei - dice il candidato segretario - Viene il sospetto che l'entusiasmo con cui Bersani e Franceschini hanno avanzato l'idea sia figlio di una logica di accordo sotterraneo fra pochi per scavalcare la democrazia dei tanti. Io non ci sto. Vinca il migliore". Ed ancora: "E'un'ovvietà politica che non era necessario sottolineare, dire che chi prenderà più voti degli altri avrà più chance di diventare segretario, non per accordi di potere ma per rispettare la volontà espressa dagli elettori". Ma, continua Marino, "fare questi accordi prima del 25 ottobre, quando i giochi sono aperti e nessun risultato può essere dato per scontato, significa assecondare ancora una volta quella logica delle correnti di cui sono vittime Bersani e Franceschini".
Parole ponderate a lungo. Da una parte perché Marino è un acceso sostenitore delle primarie, dall'altra perché il non andare all'assemblea avrebbe potuto levargli dalle mani la possibilità di essere "l'ago della bilancia" (per usare le parole di un sui fedelissimo come Goffredo Bettini) nella nomina del segretario. E c'è chi ricorda che solo il 5 ottobre Marino aveva proposto agli altri due sfidanti "una dichiarazione comune per accettare, "qualunque esso sia", il risultato delle primarie. Sarà per questo che Franceschini, maliziosamente, lo attacca: "Ignazio, non hai sempre detto che il popolo delle primarie e' sovrano? Non si chiedono i voti il 25 per fare l'ago della bilancia dopo...''.
(14 ottobre 2009)
ROMA - Sarebbero potute bastare le primarie ad eleggere il nuovo segretario del Pd. Anche nel caso in cui il primo arrivato non avesse superato la soglia del 50%. La proposta lanciata da Eugenio Scalfari trova il via libera di Dario Franceschini e Pierluigi Bersani. Ma il "no" di Ignazio Marino fa saltare tutto. Se l'ex chirurgo avesse dato il proprio benestare, il 25 ottobre, per vincere, sarebbe bastato ottenere un voto in più degli altri sfidanti. E non, come prevede il pluricriticato Statuto del Pd, più del 50% delle preferenze. Adesso, se il vincitore non dovesse raggiungere questa soglia, la parola spetterà all'assemblea nazionale composta da 1000 delegati. Un passaggio Scalfari proponeva di abolire. Un'idea che a Franceschini era piaciuta: "Sono d'accordo con Scalfari, una volta che chiamiamo al voto centinaia di migliaia di persone, se alla sera del 25 ottobre risulta che nessuno dei candidati ha il 50%, ma ha magari il 48 o il 47%, non posiamo dire loro 'scusate per il disturbo, non decidete piu' voi, decidono i mille membri dell'assemblea". Poco dopo arrivava anche il via libera anche di Bersani: "E' chiaro che ogni delegato ha diritto ad invocare le regole dello statuto e non è che tre candidati possono cambiare le regole. Se, invece, parliamo di politica, non c'è dubbio che per quanto mi riguarda sono orientato a riconoscere la vittoria di chi prende un voto in più alle primarie". Ma quando toccava a Marino, tutto saltava. "Cambiare le regole delle primarie a meta' partita ricorda più le politiche di Palazzo che quelle del Pd che vorrei - dice il candidato segretario - Viene il sospetto che l'entusiasmo con cui Bersani e Franceschini hanno avanzato l'idea sia figlio di una logica di accordo sotterraneo fra pochi per scavalcare la democrazia dei tanti. Io non ci sto. Vinca il migliore". Ed ancora: "E'un'ovvietà politica che non era necessario sottolineare, dire che chi prenderà più voti degli altri avrà più chance di diventare segretario, non per accordi di potere ma per rispettare la volontà espressa dagli elettori". Ma, continua Marino, "fare questi accordi prima del 25 ottobre, quando i giochi sono aperti e nessun risultato può essere dato per scontato, significa assecondare ancora una volta quella logica delle correnti di cui sono vittime Bersani e Franceschini".
Parole ponderate a lungo. Da una parte perché Marino è un acceso sostenitore delle primarie, dall'altra perché il non andare all'assemblea avrebbe potuto levargli dalle mani la possibilità di essere "l'ago della bilancia" (per usare le parole di un sui fedelissimo come Goffredo Bettini) nella nomina del segretario. E c'è chi ricorda che solo il 5 ottobre Marino aveva proposto agli altri due sfidanti "una dichiarazione comune per accettare, "qualunque esso sia", il risultato delle primarie. Sarà per questo che Franceschini, maliziosamente, lo attacca: "Ignazio, non hai sempre detto che il popolo delle primarie e' sovrano? Non si chiedono i voti il 25 per fare l'ago della bilancia dopo...''.
(14 ottobre 2009)
Possibile che il maggior partito di opposizione al governo non riesca da quasi 8 mesi ad eleggere un segretario?come pensavo di fare un buon lavoro in parlamento?ma poi le primarie servono davvero a qualcosa o porteranno alla distruzione del PD?????
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