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domenica 24 maggio 2009
Notti tranquille, 62 multe e infrazioni
Le 500 multe anti smog “fruttano” 37 mila euro
LOTTA ALLE POLVERI SOTTILI. L’assessore Dalla Pozza ha presentato i risultati dei tre mesi di limitazioni al traffico tra gennaio e aprile
Le 500 multe anti smog“fruttano” 37 mila euro
Maltempo e crisi economica fanno calare l’inquinamento atmosferico.
A settembre nuova domenica senza auto, poi blocchi dei vecchi veicoli
Trentasettemila euro e spiccioli. Niente male in tempi di recessione. I blocchi del traffico, tra gennaio e aprile, hanno dato una mano alle casse comunali, dove sono confluiti gli introiti di 506 multe da 74 euro l’una rifilate ai trasgressori delle limitazioni al traffico: stop ai motori Euro 0 ed Euro 1, e domenica ecologica. Il gruzzoletto racimolato basterebbe per organizzare un paio di giornate a piedi, tra autobus gratuiti e transenne.
I CONTROLLI. Nella rete dei vigili è stato ingabbiato il 10 per cento degli automobilisti controllati. La polizia locale ci ha dato dentro, fermando oltre 5 mila veicoli in tre mesi. Qualche curiosità sparsa: la deroga più gettonata è quella sfruttata dagli ultrasessantacinquenni (11,9%), seguiti dai mezzi vecchi sì, ma dotati di motore alimentato da gpl o metano (10,5%). Gli orari più infausti per circolare sono le 16, quando è stato pizzicato il 29% dei multati, e le 10 (26%). Il giorno più trasgressivo è in media il mercoledì (27%). Dei multati la metà vive fuori città e il 13% fuori provincia. Il 54% dei trasgressori sono italiani, il 14% europei, il 33% extracomunitari.
LE POLVERI. Il dato su cui si appunta la lente di ingrandimento dell’amministrazione comunale, tuttavia, è relativo all’andamento dell’inquinamento atmosferico. Nel riepilogo presentato ieri dall’assessore all’Ecologia Antonio Marco Dalla Pozza, dal comandante della polizia locale Cristiano Rosini e dal direttore del settore Ambiente Gianfranco Menarin, emergono numeri confortanti: la qualità dell’aria a Vicenza è migliorata. Detto che Vicenza ha già esaurito il bonus di 35 giorni con valori di pm10 fuori norma, va segnalato che il livello massimo di micropolveri rilevato nel 2009 è stato pari a 121 microgrammi per metro cubo d’aria, nettamente inferiore alla punta massima di 200 microgrammi rilevata nel 2008. Secondo l’analisi offerta dall’assessore Dalla Pozza, gran parte del merito va assegnato all’eccezionale maltempo che ha guastato la prima parte del 2009. Tuttavia «è probabile che la crisi economica influisca sulla diminuzione dell’inquinamento, a causa delle ridotte emissioni in atmosfera da parte dell’industria e per la riduzione del traffico pesante».
LE CENTRALINE. Nei propositi di Dalla Pozza c’è l’intenzione di riannodare i fili della Carta di Padova, quell’intesa tra i capoluoghi veneti che in passato produsse misure comuni contro lo smog. Polemico con la Regione Veneto per «la perdurante inerzia», l’assessore anticipa che sarà ripetuto lo stop ai vecchi mezzi, mentre sarà istituzionalizzata la domenica ecologica di settembre. Nel frattempo sarà perfezionata la riorganizzazione del sistema delle centraline, assegnando a quella del Quartiere Italia il compito di rilevare il pm10, posizionando una nuova centralina in zona Ferrovieri, trasferendo quella via Spalato a Vicenza est. Costo dell’operazione: 70 mila euro.
giovedì 21 maggio 2009
La Wisco e il rifiuto di Vicenza
2. Tutti producono rifiuti, ma nessuno vuole smaltirli a casa propria. La città di Vicenza da sempre smaltisce fuori dai confini comunali i propri rifiuti urbani e l’intera provincia anche quelli industriali. Recentemente, tuttavia, il Comune si è detto disponibile ad identificare un luogo adatto per identificare una diversa collocazione per l’impianto Wisco, fuori dall’area dei Ferrovieri. Un’ipotesi realisticamente percorribile? E in quali tempi?
Dalla Pozza: Il Comune si è detto disponibile, se serve, a sedersi ad un tavolo con Provincia e Regione per provare ad identificare siti alternativi. Qui non si parla di smaltimento dei rifiuti liquidi di Vicenza, ma di quelli di tutto il Veneto e forse anche oltre. Perché a Marghera, a Bologna, a Torre del Greco, a Bari e a Catania l'impianto non va bene, e a Vicenza invece sì? E in tutto il Veneto, o in tutto il Nord non c'è luogo migliore dei "Ferrovieri"? E siamo sicuri che, tra tanti ’no’, questo non diventerebbe l'impianto destinato ad accogliere i rifiuti liquidi pericolosi di tutto il Paese?
3.Il Veneto oggi è autosufficiente nello smaltimento dei rifiuti liquidi industriali?
4. L’impianto di trattamento rifiuti all’arsenale è temuto dalla popolazione e avversato da tutte le forze politiche. Wisco ha già visto opporsi altre città in diverse regioni a simili impianti: a Vicenza se ne parla da quattro anni, con ricorsi al Tar e paventando risarcimenti di danni. Si ritiene che realizzare qui l’impianto sia comunque più opportuno o più facile che altrove?
5. Un impianto di trattamento rifiuti genera preoccupazioni nei cittadini mentre i privati possono realizzare guadagni. In una città che ipoteticamente accettasse di ospitarlo facendosi carico anche dei rifiuti altrui, la comunità che lo ospita sul proprio territorio dovrebbe essere compensata? E in quale modo?
6. Con la realizzazione dell’impianto Wisco non c’è il rischio di un deprezzamento degli immobili della zona e che si pregiudichi lo sviluppo urbanistico delle aree vicine?
7. Un’altra preoccupazione riguarda il depuratore di S. Agostino, non dimensionato per supportare gli scarichi che si aggiungerebbero provenienti dal nuovo impianto di trattamento rifiuti. E’ da considerare la possibilità che Wisco partecipi economicamente ad un progetto che risolva questo problema?
8. Si teme anche per l’occupazione. Wisco sostiene che i dipendenti attuali invece aumenteranno. Ma è possibile assicurare che nel complesso nell'area dell’Arsenale di Vicenza non verrà ridotta l’attività lavorativa e che il personale attuale non sarà costretto a trasferirsi?
9. In caso di realizzazione dell’impianto sarà destinato ad aumentare il carico di rifiuti in transito nella zona via treno e sui camion. C'è la certezza che la maggior parte dei rifiuti e residui di lavorazione viaggerà via treno? E questo aumenterebbe la sicurezza dell'impianto?
10. Nell’ipotesi che la Regione si esprima contro la realizzazione di questo impianto che destino potrebbe avere quest’area?
Dalla Pozza: Noi riteniamo che il quartiere abbia già pagato a sufficienza. Posto ai margini di una estesa zona industriale, attraversato da un traffico intenso, ha visto anche tanti suoi abitanti, lavoratori ferroviari, morire per l'amianto. Crediamo che la zona vada "risarcita", e l'impianto Wisco andrebbe solo ad aggravare i problemi. L'Amministrazione invece vuole riqualificare la zona.
venerdì 15 maggio 2009
Controllati in 30 dopo le proteste dei residenti
mercoledì 13 maggio 2009
Progetto anti-violenza, taxi "rosa" per le donne
SICUREZZA. Il Comune e la cooperativa dei tassisti stanno per varare una sperimentazione per le ore notturne
Progetto anti-violenza
Taxi “rosa” per le donne
Da luglio scatteranno corse speciali fino a mezzanotte al costo di un drink Allo studio anche l’ipotesi del taxi “d’argento” per gli anziani in difficoltà
I taxi si colorano di rosa per proteggere le donne vicentine. Prende corpo, a palazzo Trissino, un progetto contro abusi e violenze ai danni dell’universo femminile. A partire dall’estate, prenderanno il via in forma sperimentale speciali corse notturne a un prezzo superscontato riservate a donne sole o con figli che hanno la necessità di spostarsi in sicurezza in orari in cui i mezzi di trasporto pubblici non sono in servizio, o in zone della città non adeguatamente servite dagli autobus. Il primo disco verde si è illuminato l’altra sera all’assemblea dei tassisti.
IL PROGETTO. Il sindaco Achille Variati e l’assessore alla Sicurezza Antonio Marco Dalla Pozza hanno confezionato una proposta presentata alla Cotavi, la cooperativa dei tassisti vicentini. Il progetto è nato sulla scorta dei terribili fatti di cronaca emersi nel panorama nazionale. Anche a Vicenza non si scherza. È di gennaio la molestia patita da una quindicenne alla fermata dell’autobus, uscita da scuola, ad opera di un romeno che aveva cercato riparo nel campo nomadi di viale Cricoli. Anche Campo Marzo era stato teatro di un’aggressione la scorsa estate.
IL TAXI ROSA. In cosa consiste la proposta? Come spiega l’assessore Dalla Pozza, tra le 22 e le 24 verrebbero garantite corse in taxi a un prezzo superscontato per donne vicentine sole o con figli minorenni. Il Comune garantirebbe, con propri fondi, la copertura della tariffa del servizio notturno, mentre la cooperativa rinuncerebbe al diritto di chiamata. Il progetto potrebbe essere messo in pista già dall’estate, con una fase sperimentale tra luglio e dicembre. «I soldi per finanziare l’operazione ci sono. Si tratta di un importante segnale per la sicurezza», afferma l’assessore.
I TASSISTI. Del progetto si è discusso lunedì sera all’assemblea dei tassisti, con un primo via libera ad avviare la trattativa. «Stiamo valutando i dettagli, ma c’è un orientamento favorevole - analizza il presidente della cooperativa Davide Giardina - il servizio verrebbe garantito al costo di un drink». Sul tavolo c’è anche un’altra idea, per ora allo stato embrionale, a cui è affezionato il sindaco Variati: è il taxi d’argento, riservato agli anziani in difficoltà. Ma questa è un’altra storia.
Primi 7 giorni di “Notti tranquille”: ecco i dati
Vicenza, 13 maggio 2009
lunedì 11 maggio 2009
«I reati sono calati ma la città si sente ancora insicura»
LA FESTA DELLA POLIZIA. Forte appello del questore Giovanni Sarlo alla collaborazione fra forze dell’ordine e cittadini per il 157esimo. «C’è più sicurezza insieme»
«I reati sono calati ma la città si sente ancora insicura»
Nei primi tre mesi nel capoluogo i delitti sono diminuiti rispetto al 2008: da 7.300 a 6.200. E crescono gli arresti
I reati sono in calo ma è necessario lavorare per rispondere alla crescente domanda di sicurezza dei cittadini, preoccupati da furti e rapine.È l’appello che il questore Giovanni Sarlo ha ribadito ieri mattina nel palazzo delle Opere sociali di piazza Duomo, durante la festa per il 157esimo anniversario dalla fondazione della polizia di Stato.Davanti alle autorità cittadine e ai suoi poliziotti schierati, Sarlo ha ringraziato le altre forze dell’ordine, gli uffici della questura e le specialità della polizia invitando a riflettere sulla necessità che le forze dell’ordine e le istituzioni «facciano squadra per gestire al meglio risorse e uomini nelle attività di prevenzione e contrasto a fenomeni di degrado».Sarlo ha ricordato è costante da un paio d’anni il trend positivo dei reati, complessivamente in calo. Diminuiscono nettamente furti e ricettazioni (passando dal 2007 al 2008 da 17767 a 14720, meno 17 per cento), truffe (da 1282 a 905) e violenze sessuali (da 64 a 46), mentre sono in leggera crescita solo usura, estorsione e rapine (da 209 a 227). Cinque, nel 2008, gli omicidi volontari, e 9 i tentati omicidi che hanno portato in cella 13 persone. «Solo la polizia ha arrestato 240 persone, denunciandone 1241 nel 2008», ha detto il questore. In 93 sono finiti nei guai per spaccio di droga. Considerando solo il primo trimestre, il calo dei reati è marcato: nel capoluogo sono passati dai 7357 dello scorso anno ai 6197 del 2009 (meno 15 per cento).Ciononostante, dalla società «emerge una crescente domanda di sicurezza che deriva dalla preoccupazione nei confronti della criminalità predatoria». Una domanda a cui è necessario dare risposta.Sarlo ha poi fatto riferimento a dati nazionali, che trovano riscontro a Vicenza, secondo i quali un terzo dei reati è commesso da clandestini, un terzo da immigrati regolari e un terzo da italiani. «Per questo, il contrasto all’immigrazione clandestina deve diventare il cardine della nostra azione», con l’auspicio però che «si cominci a lavorare per sottrarre alle nostre competenze gli aspetti burocratici per privilegiare quelli di contrasto». Nel Vicentino, l’ufficio stranieri ha espulso nel 2008 231 persone, ha rifiutato 281 permessi di soggiorno e ne ha revocati 11, mentre sono aumentate le misure di sicurezza (avvisi orali, fogli di via, sorveglianze speciali), grazie anche alle oltre 28 mila persone controllate.Il questore ha ricordato l’attentato terroristico del primo novembre scorso ai danni del Centro formazione della banca Popolare di Vicenza, «che solo per un accidente non ha provocato danni a persone», per sottolineare come le problematiche sociali possano innescare problemi più gravi. Infine, ha spiegato che il caso Dal Molin ha comportato un notevole lavoro sul fronte dell’ordine pubblico, chiarendo il suo pensiero: «Si è cercato di conciliare al massimo la giusta esigenza di tutela della libera espressione del pensiero con gli altri interessi, tutti costituzionalmente garantiti. Molte giornate sono state spese per coniugare queste esigenze al principio di legalità».
mercoledì 6 maggio 2009
Caso Wisco: alla commissione V.I.A. Dalla Pozza presenta le ragioni dell’amministrazione e dei cittadini
martedì 5 maggio 2009
Il borseggio della zia
Marzio Barbagli, professore di Sociologia presso l’Università di Bologna, recentemente ha pubblicato Immigrazione e sicurezza in Italia, Il Mulino 2008.
I reati commessi da immigrati aumentano e sono gravi: violenze sessuali, omicidi, furti e rapine; a minare il senso di sicurezza della gente sono reati come furti d’appartamento e borseggi, in buona parte commessi da immigrati; la falsa idea di una responsabilità mediatica nel diffondere insicurezza. Intervista a Marzio Barbagli.
Possiamo partire da questo dato, certo un po’ imbarazzante visto da sinistra, dell’aumento dei reati commessi dagli immigrati…
Visto da sinistra o da destra il dato non cambia. La mia fatica è stata quella di dimenticare che ero di sinistra. All’inizio è stato difficile, ma dopo tanti anni che faccio il ricercatore mi sono convinto che quello che trovo, anche se non mi va bene, va pubblicato.
Tanto più che i dati che presento sono dati solidi: arrivano dagli archivi dell’Istat, dal Ministero dell’Interno, dai carabinieri, dalla polizia, dalla guardia di finanza, ecc. Sono i dati migliori che abbiamo, e quello che risulta sostanzialmente è che c’è stato un forte aumento della quota di stranieri sul totale delle persone denunciate, sul totale delle persone condannate, sul totale delle persone che stanno in carcere (anche se quest’ultimo dato andrebbe ulteriormente discusso).
Faccio subito una precisazione che riguarda i reati presi in considerazione, che sono specifici, non sono tutti. Per esempio, qui non parliamo dei reati cosiddetti dei potenti o dei colletti bianchi. Intanto perché ci sono scarse informazioni, ma soprattutto perché sappiamo che troveremmo sicuramente pochissimi immigrati in questo settore.
Questo però non vuol dire che i reati commessi dagli immigrati siano, come un tempo sosteneva il direttore di Repubblica, furtarelli da “ladri di polli”. No, qui parliamo anche di reati molto gravi, come violenze sessuali, omicidi e, in generale, furti e rapine, anche importanti cioè che producono ingenti somme di denaro. Si tratta in gran parte di reati contro il patrimonio e contro le persone.
Ci sono poi anche annotazioni curiose: ad esempio, colpisce il fatto che i due tipi di rapine per cui non è aumentata la quota di stranieri sono quelle che rendono di più, cioè le rapine contro le banche e quelle contro gli uffici postali, mentre la quota di immigrati è spaventosamente alta nelle rapine di strada o in rapine che prima quasi non esistevano, ovvero quelle contro le abitazioni, che però sono un reato non particolarmente diffuso, meno di quanto risulta dai media. In alcuni reati infine la quota di stranieri è davvero incredibile, cioè siamo ai livelli di 60-65% nei borseggi, e si supera il 50% anche nei casi di furti in appartamento.
In gran parte poi si tratta di stranieri che ai controlli risultano essere persone irregolari, ovvero senza permesso di soggiorno.
Anche qui però non vuol dire che i reati riguardino solo gli irregolari. In alcuni reati gravi, come le violenze sessuali o anche gli omicidi, i regolari sono una quota non irrilevante. Io non ho fatto i calcoli, perché probabilmente ho ancora dei freni inibitori, nonostante tutto, ma si può dire che in alcuni casi anche gli immigrati regolari commettono più reati degli autoctoni, degli italiani.
Un dato forse non così intuitivo e però fondamentale è che gli immigrati sono anche tra le principali “vittime” dei reati di cui parliamo.
Infatti, un dato altrettanto importante e drammatico è che una parte di questi reati sono commessi contro altri immigrati. Gli immigrati, cioè, sono più a rischio di subirli, oltre che di commetterli, degli italiani. Ci sono varie spiegazioni per questo fenomeno. Una è che, soprattutto gli omicidi, ma probabilmente anche le violenze sessuali (qui c’è un problema di dati perché le donne immigrate denunciano anche meno delle italiane) sono reati che hanno la tendenza ad avvenire nello stesso gruppo.
Il libro si interroga anche sulle cause del fenomeno, cioè del perché di questo grande e crescente -negli ultimi vent’anni- numero di reati. Anche attraverso confronti internazionali che però sono molto complicati, perché i dati sono diversi, poi le statistiche sulla criminalità sono tra le più difficili.
Certo è che non si tratta di un fenomeno solamente italiano.
Ciò che mi sembra non sia stato recepito pienamente è che la relazione tra immigrazione e criminalità varia nel tempo. Invece mi sembra che nell’approccio continuino a prevalere le posizioni ideologiche, che portano quelli di sinistra a pensare che non ci sia nessuna relazione, e quelli di destra a pensare che ci sia sempre stata…
In realtà, se prendiamo gli Stati Uniti, gli immigrati nei primi trent’anni del Novecento, come nell’ultimo ventennio dell’800, con le dovute eccezioni, commettevano meno reati degli autoctoni. Lo stesso avveniva per gli immigrati nell’Europa centro-settentrionale.
La situazione è cambiata negli anni ’70, sia per gli immigrati di prima generazione che per gli immigrati di seconda generazione. In sostanza è cambiata la frequenza con cui gli immigrati commettono reati.
Come si spiega quest’inversione di tendenza?
Intanto negli anni ’70 intervengono alcuni cambiamenti nell’economia e nel mercato del lavoro. Dopo il 1973, con la crisi petrolifera, si assiste alla fine di una fase di fortissima industrializzazione e sviluppo economico, di cui risentono anche i flussi migratori. Il rapporto tra push e pull, tra richiesta di immigrati e desiderio di venire nei paesi ricchi diventa così un rapporto squilibrato e questo induce molti paesi a introdurre delle regole per selezionare gli immigrati, per ridurre i flussi. Queste regole a loro volta hanno delle conseguenze, perché creano la figura dell’immigrato clandestino che prima non c’era.
Questa è la spiegazione generale. Ci sono poi ulteriori osservazioni specifiche che riguardano il nostro paese che credo si possano riassumere nelle difficoltà di adottare delle politiche e una legislazione capaci di aumentare l’efficienza dei controlli interni.
Nell’analizzare le due leggi, la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini, lei sostiene che sono molto meno diverse di quanto i rispettivi partiti politici le presentino...
E’ così. E aggiungo che entrambe hanno avuto qualche effetto nel senso che, se non altro, hanno arrestato l’aumento di immigrati irregolari, se possiamo dire così. Si potrebbe obiettare che la quota era talmente alta che non era difficile, comunque hanno aumentato la capacità di controllo interno da parte delle autorità italiane, che significa la capacità di espellere, di rimpatriare gli immigrati che le forze dell’ordine, la magistratura ritengono debbano lasciare il nostro paese.
Attenzione, qui non parliamo degli immigrati irregolari, bensì di immigrati su cui ci sono seri sospetti -o prove- che stiano commettendo attività illecite. Il termine tecnico usato dal Ministero degli Interni è persone “rintracciate”, e si tratta di una piccolissima parte degli immigrati irregolari.
Sugli immigrati irregolari infatti la polizia non chiude solo un occhio, li chiude tutti e due. Non controllano certo le badanti, perché non hanno né le risorse né il mandato.
Il problema sono appunto i rintracciati che negli ultimi anni hanno raggiunto quota centomila all’anno, che in parte sono gli stessi perché non riescono poi a respingerli. E qui si apre un altro capitolo che è quello dell’identificazione. Queste persone infatti danno false generalità, non dicono da che paese vengono, rendendo pressoché impossibile rimpatriarle. Resta il fatto che grazie ai centri di permanenza temporanea, che certo sono nati male, e altri istituti introdotti dalle due leggi, la quota di persone rimpatriate sul totale dei rintracciati è aumentata, per quanto non in maniera lineare.
Direi pertanto che la situazione da questo punto di vista è migliorata e ciò mostra che si potrebbe fare qualcosa.
Il nostro paese vanta poi altre due specificità. Una è l’esistenza di una forte quota di lavoro nero, luogo privilegiato per gli irregolari. E’ chiaro che la presenza di un settore informale dell’economia così ampio favorisce l’immigrazione irregolare. Il secondo fattore è il bassissimo numero di controlli fatti nei luoghi di lavoro. In altri paesi mediterranei, come la Spagna, ad esempio, i controlli (almeno dai dati) sembrerebbero decisamente superiori.
Nel capitolo che ha dedicato all’omicidio della signora Reggiani lei sfata l’idea che alla base di un aumento dei reati compiuti dai rumeni ci sia l’entrata in Europa della Romania. Può spiegare?
Intanto quel capitolo è stato frainteso, per motivi di convenienza, dai giornalisti rumeni che infatti volevano tutti intervistarmi. In realtà io ho cercato di dimostrare che è indubitabile che i rumeni commettano molti più reati del loro numero (ma questo vale anche per albanesi e marocchini), ma che era sicuramente sbagliata l’idea che questo dipendesse dall’entrata nell’Unione Europea della Romania e della Bulgaria.
Il fenomeno è iniziato prima, in corrispondenza di un’altra legge in base alla quale veniva meno il bisogno del visto. Questo ha fatto sì che, come i dati hanno mostrato, sono arrivati davvero un grandissimo numero di rumeni, parte dei quali sono stati successivamente regolarizzati dalla legge Bossi Fini. Chiaramente l’ingresso nell’Unione Europea ha accentuato ulteriormente questo processo che però era iniziato molti anni prima. Ecco, questo discorso è stato frainteso dai giornalisti rumeni che hanno scritto che io sostengo che era tutta una balla, e che i rumeni sono tranquilli…
C’è una ragione particolare per cui alcuni gruppi, rumeni, marocchini e albanesi, commettono più reati di altri?
Intanto sono i gruppi più numerosi e noi sappiamo che c’è una forte relazione tra immigrazione regolare e irregolare. Il discrimine tra regolari e irregolari è un confine quasi casuale, casomai dovuto al fatto che uno è arrivato prima… Tra gli irregolari poi ci sono anche quelli che effettivamente commettono reati; alcuni vengono già con l’idea di commetterli, altri si trovano a compiere azioni illecite una volta qui.
Un mio giovane collega, Asher Colombo, ha fatto la tesi di dottorato entrando in un gruppo di algerini e seguendoli. Ne è uscito un libro molto bello, perché è difficile fare ricerche di questo tipo. Questi giovani infatti, non corrispondevano allo stereotipo dell’immigrato disperato, poveraccio, erano persone di classe media che avrebbero potuto benissimo trovare lavoro in patria, ma che avevano aspirazioni più alte, e che non riuscendo a soddisfarle per le vie ordinarie, talvolta finivano con lo scegliere percorsi illeciti. E’ una dinamica che riguarda anche i giovani italiani: persone che non commettono reati ne conoscono altre che li commettono e non le andrebbero mai a denunciare, sono mondi confinanti, non esistono barriere rigide…
Insomma, ripeto, sono ambiti molto fluidi per cui è difficilissimo compiere indagini accurate. Sicuramente andrebbero maggiormente indagate anche le “reti viziose” oltre a quelle virtuose, perché è evidente che esistono reti molto efficienti anche nel campo della delinquenza.
Ma il numero complessivo dei reati è aumentato?
Anche qui bisogna fare attenzione, perché si rischiano fraintendimenti. Noi siamo in un periodo, iniziato dal 1991 (ce n’era stato un altro breve a metà degli anni 50), caratterizzato dal tasso di omicidi più basso della nostra storia, ovvero degli ultimi cinquecento anni. Gli anni ‘90 hanno inoltre visto diminuire molti reati predatori, come alcuni furti, ecc. Per esempio i furti di auto sono diminuiti (ma perché non convengono più).
Altri reati invece sono continuati ad aumentare, penso ad esempio alle rapine. Non solo, anche alcuni dei reati che hanno subito un calo in realtà mantengono tassi elevati. Questo significa che noi oggi abbiamo tassi di furti e di rapine molto più alti di venti, trenta e quarant’anni fa. Pertanto possiamo dire che c’è un alto livello di criminalità.
Certo, lo ripeto, gli omicidi sono diminuiti, però sfortunatamente gli omicidi non influiscono sul senso di sicurezza, perché sono pochi, difficilmente ci si identifica, di fatti non c’è mai correlazione tra il tasso di omicidi di un luogo e l’indicatore di sicurezza. Quelli che determinano il senso di insicurezza sono i reati più frequenti e visibili. Influiscono molto anche le forme di degrado, cioè le violazioni delle regole che non riguardano il codice penale, sono le cose di cui la cittadinanza bolognese si lamenta da quindici anni, sono Piazza Verdi o semplicemente i graffiti, le prostitute che pure tutti sanno che non commettono reati… e però vedere le prostitute, vedere i tossicodipendenti…
Questo meccanismo è stato anche spiegato: l’idea che le persone si fanno è che non ci sia nessuno capace di difendere l’ordine nel proprio quartiere, e quindi se loro vedono tossicodipendenti, persone che fanno rumore, che si ubriacano, che si picchiano, eccetera pensano che possa succedere qualcosa di molto più grave, e quindi si sentono in pericolo.
Questo è un grande problema -lo dico scherzando- per quelli di Rifondazione Comunista, perché loro nei dibattiti ripetono: “Ma come? Sono diminuiti gli omicidi!!”, cioè pensano che il senso di sicurezza sia una palla inventata da Berlusconi e dai media. Ma non è così. E poi dicono una cosa apparentemente giusta ma che dimostra che non ci hanno pensato, cioè loro dicono: “Ma, e i reati dei potenti?!”. Ma neanche quelli purtroppo influiscono sul senso di sicurezza!
Tutti sono consapevoli che ci sono ma non ho mai sentito nessuno dire: “C’è stato un grave caso di corruzione, ora mi sento meno sicuro”. No, ci si arrabbia, ci si scandalizza, per motivi evidenti, ma non è che uno si sente minacciato. Uno si sente minacciato dal borseggio della zia, oppure dal furto d’appartamento del cugino, o di una persona che conosce.
Più ancora che le notizie stampa influisce quello che si vede e si apprende da persone che si conoscono che magari raccontano che la zia della zia ha avuto un borseggio, però se uno se lo sente raccontare un giorno sì e uno no…
Diceva che le rapine in casa però non sono così frequenti..
Le rapine in casa fanno molta paura, perché in genere avvengono con persone che ti minacciano, che magari sono armate o male intenzionate, sicuramente non sono cose piacevoli, però effettivamente sono un numero relativamente basso rispetto al clamore suscitato. D’altra parte hanno suscitato grande scalpore perché una volta erano rarissime. Negli ultimi anni sono sicuramente aumentate, e in questo gli immigrati hanno dato un certo contributo. Cioè queste non sono invenzioni dei media, sono cose vere. Come è vero ed è stato ampiamente documentato che molti borseggi vengono messi in atto da bambini nomadi, i cosiddetti zingari, che hanno meno di 14 anni o così dicono. Pure questo crea insicurezza, anche perché sembra un problema irrisolvibile e in effetti è difficile da risolvere, perché i bambini non possono andare in carcere quindi non si sa bene cosa fare, tra l’altro non è che questi si fanno mettere da qualche parte, se ne vanno via…
Quindi lei nega ci sia un rapporto tra i media e il diffuso senso di insicurezza…
Non sono io. Intendiamoci, i media contano naturalmente, però nella letteratura scientifica si dice che i media influiscono su quello che viene chiamato “concern about crime”, cioè la preoccupazione della criminalità. Ma questo meccanismo è molto legato al grado di interesse politico della gente (cioè alcuni non le sentono proprio queste notizie). Ovviamente, il caso della signora Reggiani l’abbiamo sentito tutti, ma per molti altri fatti bisogna leggere i giornali e qui veramente è dirimente l’orientamento politico.
La “fear of crime”, cioè la paura, il senso di insicurezza è un’altra roba ed è molto stabile, infatti laddove ci sono serie storiche di dati, come ci sono in Gran Bretagna e Stati Uniti, si vede che cambia poco. Perché cambi sono necessari dei mutamenti importanti, che la gente percepisca.
Ora, il senso di sicurezza in genere viene misurato chiedendo alla gente se ha paura ad uscire la sera di casa e a camminare da sola nel quartiere dove abita, questo è un indicatore tra i più usati.
Ecco, questo non varia a seconda di quello che dicono i media, è costante ed è costantemente alto. Ha cominciato a salire quando questo tipo di criminalità è aumentato in tutti i paesi occidentali, cioè in Italia dalla fine degli anni ’60, in altri paesi prima. Una volta raggiunti i livelli alti negli anni ’80 è rimasto costante, non ci sono stati mutamenti, mentre i giornali se la raccontano. Purtroppo anche chi fa i sondaggi spesso alimenta questa confusione.
Certo, ci sono anche delle situazioni che loro definiscono di emergenza, intanto perché le definiscono loro, e poi perché può succedere. Qualche anno fa, mi sembra fosse il 2001, a Milano ci furono dieci omicidi concentrati in pochi giorni, ma poi il numero complessivo degli omicidi non cambiò rispetto all’anno precedente…
Allora può darsi che un certo accanimento mediatico, anche nel sottolineare la nazionalità, alla fine influisca, io però credo più al fatto che la gente vede, vede che ci sono gli spacciatori, vede che una parte non sono italiani, oppure vede le prostitute e vede che non sono italiane… In queste cose le convinzioni si formano così, senza con questo sminuire i media, che certo contano, però secondo me sono sopravvalutati.
Nel tentativo di offrire delle spiegazioni a questi comportamenti devianti lei utilizza il concetto di “privazione relativa”, cosa significa?
Per provare a capire in effetti esistono due spiegazioni. Una è la teoria del controllo sociale che ci aiuta a comprendere i reati non solo degli immigrati ma di tutti noi. L’altra è quella della privazione relativa e del gruppo di riferimento. Mi spiego: le persone, soprattutto i giovani, che vengono in Occidente hanno sempre più come gruppo di riferimento non quello che lasciano al loro paese ma quello che trovano nei paesi ricchi.
Da questo punto di vista, per la seconda generazione la situazione è ancora più grave, perché effettivamente questi giovani si specchiano a tutti gli effetti sui loro coetanei. Se poi, come è successo in Francia, godono anche degli stessi diritti politici, in qualche modo, paradossalmente, il confronto diventa più frustrante e possono scattare dei cortocircuiti. Intendiamoci, questo non vuol dire che non bisogna concedere i diritti politici, ma che non basta. Perché i giovani figli di immigrati nati e vissuti in Francia hanno tutti i motivi per considerarsi uguali nelle aspettative ai loro coetanei figli di francesi, e siccome dal punto di vista sociale e economico la situazione è invece molto diversa, ogni tanto si arrabbiano e sfasciano tutto, bruciano macchine, invadono le strade. Sono problemi che hanno tutti i paesi europei.
Che peso hanno le condizioni socio-economiche, la presenza di reti familiari, l’integrazione insomma?
L’integrazione è fondamentale. Anche come deterrente. Ho menzionato la teoria del controllo sociale, ebbene questa teoria, che tra gli studiosi di scienze sociali gode di maggiore credito, deriva dall’etica cristiana e in qualche modo può applicarsi alla generalità della popolazione: siamo tutti peccatori, ciascuno di noi può commettere reati, quelli che non li commettono è perché hanno dei forti controlli esterni e interni.
Ora, tra i controlli esterni non c’è solo il rischio della denuncia ma anche quello di far soffrire le persone care. I “controlli esterni” sono allora la mamma, la fidanzata, il marito, il compagno di lavoro. Perché pensi: “Ma se mi prendono do un dolore a mia madre”. Ecco, nel caso degli immigrati, è evidente che questo vincolo è molto debole: molti di loro non hanno una rete all’inizio, a volte stanno dentro una rete nata proprio per le attività illecite, quindi sostanzialmente sono svantaggiati da questo punto di vista. Naturalmente sono svantaggiati anche dal punto di vista economico. Però la spiegazione che c’è nella testa della gente per cui questi commettono reati perché sono poveri, bisognosi, beh, non funziona.
Tanto più che non tutti sono poveri, certo magari non sono ricchi… Ma ad ogni modo non rubano perché sono poveri e bisognosi, no…
Quanto conta invece la legislazione? Oramai è molto difficile entrare come “regolari”. In fondo è stato questo labirinto di leggi e filtri a produrre il soggetto clandestino…
La farraginosità del nostro sistema certamente influisce. Il fatto che non siamo mai riusciti ad adottare una programmazione congrua dei flussi, e che quindi ci siano sempre più persone che devono entrare come irregolari, consapevoli che poi verranno regolarizzati secondo una sanatoria, beh, anche questo favorisce le attività illecite.
Basti guardare all’ultimo decreto flussi, è evidente che sono regolarizzazioni mascherate, perché sono tutti già qui. Se penso al mondo degli universitari, che conosco meglio, ecco anche lì molte volte le regole adottate per evitare abusi sono talmente tante che alla fine quasi costringono a fare abusi, perché poi alcune sono effettivamente assurde, e così per aggirarle si finisce con il moltiplicare gli abusi. E una volta che si passa di là, qualcuno può anche pensare che allora, abuso per abuso…
Pertanto, sicuramente la situazione delle leggi influisce. Ma influisce anche sull’altro versante. Un sistema come il nostro, che funziona male (anche se un poco meglio di prima) è un grande spreco di risorse e di capitale umano, e influisce negativamente sullo stesso funzionamento delle forze dell’ordine, della magistratura…
I poliziotti non ne possono più degli immigrati, perché vedono che la loro attività è in gran parte inutile: si ritrovano sempre gli stessi! Intanto è difficile provare che uno sta spacciando, perché naturalmente gli spacciatori sono bravi nel non farsi cogliere con le mani nel sacco, hanno una serie di trucchi che i poliziotti conoscono, e poi appunto se continuano a cambiare generalità è difficilissimo fermarli. Per non parlare del famoso indulto che ha avuto effetti disastrosi…
Come non bastasse, c’è questa infinita polemica tra destra e sinistra, in gran parte finta, fatta dai leader per dire ai seguaci: “Io difendo gli immigrati”, e gli altri: “Io difendo voi dagli immigrati”. Questo è normale però rende difficile trovare una soluzione ai problemi.
Esiste qualche paese che ha trovato il modello giusto?
La Svezia viene sempre citata, l’ho fatto anch’io, ma temo di essere stato influenzato dal mio orientamento politico nell’enfatizzare. Un mio collega, un criminologo svizzero molto bravo, a un dibattito a Torino mi ha fatto delle obiezioni. La letteratura dice che in Svezia gli immigrati di seconda generazione sono meglio integrati e quindi presentano meno problemi e la spiegazione sarebbe che quel paese ha investito moltissimo nelle scuole, eccetera. Il mio collega sostiene invece che il motivo principale è che lì c’è stata un’immigrazione diversa, perlopiù politica, di sudamericani e altri gruppi… In realtà nessuno di noi è però in grado di dimostrare efficacemente una tesi o l’altra. In generale è un problema che attanaglia un po’ tutti i paesi. Ad oggi non c’è un modello risolutivo. Lo stesso modello francese che è generoso nel concedere diritti politici e di cittadinanza agli immigrati, a differenza del modello tedesco, in questi ultimi anni ha mostrato i suoi limiti.
Oggi è sempre più chiaro che non basta concedere diritti di cittadinanza, diritti politici, poi bisogna occuparsi di tutto il resto, perché gli immigrati, in particolare la seconda generazione, non possono essere troppo diseguali, e quindi non basta nemmeno costruire case popolari nelle periferie, perché all’inizio ti ringraziano, ma poi si arrabbiano…
Insomma è complicato, nei prossimi anni ne vedremo delle belle…
Una questione più di fondo: mentre la destra sembra benissimo attrezzata ad affrontare questi fenomeni, per quanto a suo modo, la sinistra continua a balbettare…
In realtà non è vero che la destra è benissimo attrezzata, è molto divisa al suo interno. D’altro canto, se pensiamo che una volta anche il solo affrontare il problema poneva ostacoli insormontabili, possiamo dire che la sinistra ha fatto dei passi avanti. A livello individuale, molti hanno preso atto della situazione e hanno cambiato posizione. Nel libro ricordo il percorso di Livia Turco e le sue posizioni prima di essersi occupata concretamente del problema, e dopo.
Nel corso dell’ultimo governo del centrosinistra ho collaborato con il Ministero dell’Interno e ricordo che c’era una simpatica avvocatessa, una cattolica di formazione di sinistra, che sono quelli che hanno il cuore più aperto, io all’inizio la prendevo in giro quando parlava degli immigrati… Quando è andata al Ministero degli Interni, dove le informazioni sono di prima mano, beh ricordo che mi diceva: “Eh, Marzio, in effetti ne sto vedendo delle belle…”. E questo vale in generale. L’approccio è cambiato. Se per sinistra si intende il Partito Democratico una parte dei dirigenti è cambiata.
Quelli che sono cambiati poco sono quelli della cosiddetta sinistra radicale, che sono scomparsi peraltro… Quando sento Sansonetti, il direttore di Liberazione, mi fa un grande effetto, mi sembra di sentire me stesso quando avevo vent’anni… Certo, può darsi che io sia in una fase di rimbecillimento senile, però credo ci sia dell’altro, cioè questi fanno grande fatica a capire le trasformazioni.
E’ curioso: la gente comune ha capito questi problemi molto prima degli studiosi di sinistra, che sono accecati dalla loro ideologia, sono “fregati”, non capiscono, sono così difesi dai loro schemi interpretativi che non rimettono mai in discussione, perché se no guai…
Comunque, ripeto, mi pare che gran parte della sinistra sia cambiata nell’atteggiamento e nelle analisi.
Ma anche all’interno della destra non c’è un approccio monolitico, sono in molti a essere convinti che occorre fare dei passi avanti sulla strada della cittadinanza. Questo è un tema importante che purtroppo nessuno solleva in modo serio. La sinistra dovrebbe fare delle proposte coraggiose, invece che avvitarsi in questi discorsi che mostrano ottusità, per cui gli immigrati non sono un problema ed è tutto un’invenzione della destra. Gli immigrati sono anche un problema. Anziché giocare sempre di rimessa, dovrebbe assumere una posizione forte, soprattutto nel campo dei diritti politici, anche degli immigrati di seconda generazione, di cui invece non parla mai nessuno. Anche sul piano dell’integrazione nelle scuole, dove pure si fanno delle cose, ci vorrebbe un programma, un impegno straordinario.
Io non vedo e non sento nulla di tutto questo, neanche da parte della sinistra alternativa. Invece una parte della destra, secondo me, ci sta pensando a fare dei passi avanti sul tema della cittadinanza. Poi non pensiamo che la cittadinanza sia risolutiva, l’abbiamo visto nel caso della Francia, come anzi nascano altri problemi, però non c’è un’altra strada.
UNA CITTÀ n. 161 / dicembre 2008 - gennaio 2009
lunedì 4 maggio 2009
Notti tranquille, assessore Dalla Pozza: “Tredici verbali nella prima notte di servizio dimostrano l’utilità dell’intervento”
Wisco, in attesa della Via "Ferrovieri" in subbuglio
Domani sera una nuova assemblea alla media di via Carta con Tamino e gli assessori all’ecologia
Scattano i controlli nei quartieri a luci rosse
Tre gli aspiranti clienti multati, ritirate due patenti. Bollino rosso per viale San Lazzaro. In pattuglia anche l’assessore
VICENZA – La prima delle «Notti tranquille» di Vicenza ha dato buoni frutti. Esattamente 1500 euro in sanzioni comminate ad aspiranti clienti delle lucciole che la sera del primo maggio, come d’abitudine, affollavano viale San Lazzaro. Tre i cittadini multati perché, abbordando una prostituta lungo la strada, hanno trasgredito all’ordinanza del sindaco contro la prostituzione. L’avvio del progetto del Comune di Vicenza sulla sicurezza nel quartiere a luci rosse della città (da Campo Marzo a Ponte Alto), oltre alle pattuglie della polizia locale ha visto in prima linea anche l’assessore competente Antonio Dalla Pozza. «Abbiamo constatato che dalle due mezza, tre del mattino – commenta Dalla Pozza – il numero delle 'signorine' cala e, anche se rimane una forte presenza vicino all’hotel Tiepolo (in viale San Lazzaro) credo siano diminuite, almeno ne ho viste di meno rispetto alla prima volta che ero uscito per i controlli a settembre». Alla vista delle auto dei vigili le prostitute si sono allontanate e di conseguenza pure i clienti. «I controlli – prosegue l’assessore alla Sicurezza – hanno scoraggiato i vari interessati alle ragazze, facendo così perdere loro la 'piazza'». Il progetto «Notti tranquille», comunque, non mira solamente a dare un giro di vite al fenomeno della prostituzione su strada, ma anche a prevenire comportamenti illeciti. Durante la notte tra venerdì, ad esempio, sono state rilevate circa 15 di infrazioni al codice della strada e sono state ritirate due patenti. La prima ad un cittadino che guidava con il permesso scaduto e l’altra ad un uomo che alle due di notte transitava per viale San Lazzaro in auto con un tasso alcolemico superiore a 2g/l.
Gli agenti del comando di contrà Soccorso Soccorsetto hanno anche controllato i vari negozi della zona, constatando che tutti hanno rispettato l’orario di chiusura delle due. All’opera in un distinto servizio anche i carabinieri del radiomobile di Vicenza che attorno alle due e mezza hanno fermato per un controllo un marocchino di 20 anni, già noto alle forze dell’ordine, lungo strada Padana Superiore. Il giovane, che aveva con sé 2,8 grammi di hashish, è stato segnalato alla prefettura e gli è stata ritirata la patente. Mentre, ieri alla prefettura è arrivata un’altra segnalazione da parte del Radiomobile. Si tratta di un trentanovenne di Montecchio Maggiore trovato a Campo marzo con 0,3 grammi di eroina, poi sequestrata. La vigilanza straordinaria della polizia locale, non si ferma dopo il primo maggio. Per circa undici mesi, infatti, continuerà il progetto «Notti tranquille» che prevede tra Campo Marzo e Ponte Alto la presenza sia notturna che diurna dei vigili (40 in tutto). Durante la mattina verranno controllate le residenze anagrafiche in quelle abitazioni dove sono state segnalate irregolarità, di pomeriggio verranno passati al setaccio i parchi, di sera e di notte fino alle 4 verrà contrastata la prostituzione.
Aim, carburanti "nuovi". Sui bus l'olio di frittura
AMBIENTE. L’assessore Antonio Dalla Pozza con i tecnici della Municipalizzata ne parla in un incontro a Campedello, organizzato dal coordinamento di quartiere
Aim, carburanti “nuovi”
Sui bus l’olio di frittura
Contenitori per la raccolta anche nei supermercati L’assessore: «Poi diventa biodiesel per il trasporto»
L’olio della frittura? In futuro potrebbe far correre i mezzi delle Aim. È questa una delle novità annunciate dall’assessore all’ambiente Antonio Marco Dalla Pozza, durante la serata sul tema della raccolta differenziata organizzata a Campedello dal coordinamento delle associazioni del quartiere.L’incontro, al quale per Aim hanno partecipato Ruggero Casolin, dirigente del settore ambiente e il tecnico Giovanni Bozzo, ha però portato anche altre novità, in primis sulla nuova ricicleria in via Venier «che - spiega Dalla Pozza - dovrebbe essere aperta a fine maggio» e l’eternit «per il quale stiamo studiando una raccolta gratuita a domicilio per piccole quantità in possesso privati». L’olio di cucina era forse uno degli argomenti più sconosciuti ai cittadini, molti dei quali anziani, che forse hanno scoperto al momento dell’esistenza della tanichetta da ritirare e svuotare in ricicleria. «Un’idea - ha annunciato l’assessore - è quella di mettere contenitori fuori dai supermercati, come a Rovigo, dove l’olio (trasformato in biodiesel), serve poi per i mezzi dell’Asm». I due rappresentanti di Aim hanno puntato molto sulla riduzione dei rifiuti «ad esempio acquistando prodotti con meno imballaggi e riutilizzando le borsine», ma anche sul livello di differenziata raggiunto da Vicenza «che ora si attesta oltre il 50 per cento - spiega Casolin -, con 16 linee, di cui 8 a domicilio e 8 in strada, per un totale di 4.500 cassonetti. Ogni rifiuto, poi, viene ritirato da chi lo smaltirà, evitando così di mischiarli». Tante le domande esplicite a cui è stata data risposta: Perché il metallo va con la plastica e non col vetro? Perché per il consorzio è più facile dividerli. Nei cassonetti si possono quindi mettere - tra gli altri - bottiglie di plastica, vaschette e pellicole in plastica, polistirolo o alluminio, sacchetti, lattine, contenitori in banda stagnata, blister delle medicine vuoti. Ma non piatti e bicchieri di plastica. Perché? I tecnici non lo dicono esplicitamente, ma la questione non è economica: solo gli imballaggi ricevono il contributo. E nella plastica non si mettono nemmeno i giocattoli che se sono in buono stato possono essere consegnati alle cooperative che gestiscono le riciclerie e riusati. Gli indumenti rotti? Nei cassonetti gialli come quelli in buono stato, poi saranno smistati. La tassa sugli elettrodomestici? Non si paga più. Tanti quesiti anche sul verde, per il quale si possono usare i cassonetti, acquistare i bidoni che poi vengono vuotati a domicilio (il più comune costa 34 euro), o tenere un composter (4 mila in città), ricevendo uno sconto sulla quota variabile. È invece proibito bruciarlo.