martedì 7 luglio 2009

Tafferugli al corteo dei No Base

Da "Il Giornale di Vicenza" di Domenica 5 Luglio, Cronaca, pag.11, articolo di Diego Neri

LA MANIFESTAZIONE ATTORNO AL DAL MOLIN. Dalle 15.30 tensione, non si parte. Sul ponte del Marchese faccia a faccia con sassi, gas e botte. Poi la pausa al presidio


Tafferugli al corteo dei No Base


“Contatto” e lacrimogeni tra disobbedienti e forze dell’ordine. E dopo 2 ore 10 mila in marcia pacifica


I temuti scontri sono avvenuti. Tafferugli durati poco più di un minuto, ma che hanno visto da un lato il lancio, da parte di un gruppetto di disobbedienti, di sassi, fumogeni, biglie e tre grossi petardi contro i carabinieri, e dall’altro una carica di alleggerimento con i lacrimogeni. Cinque carabinieri e un poliziotto sono rimasti lievemente feriti.
Erano le 16.55. È stato il momento di tensione più forte in una giornata segnata sul calendario da mesi. Il 4 luglio i No Dal Molin si giocavano molto nella loro festa dell’indipendenza di Vicenza; dall’altra, le forze dell’ordine volevano impedire in tutti i modi che i manifestanti entrassero nell’area militare dove si sta lavorando per la nuova base americana.
Il corteo, alla fine, c’è stato con la partecipazione indicata alla vigilia - circa 10 mila persone: 3 mila per la questura, 13 mila per gli organizzatori -, e a parte quel minuto di botte che lo ha bloccato a lungo è sfilato pacificamente da Rettorgole fino a viale Dal Verme. «Un successo», spiegano dal presidio permanente. Ma vittoria la canta anche il questore Sarlo, che con il colonnello dei carabinieri Sarno aveva pianificato un servizio d’ordine d’eccezione. Mai, in città, per le manifestazioni anti-base, si erano viste tante divise. Più di 1500, secondo le stime di ieri, con l’aeroporto presidiato in massa e funzionari giunti da tante città italiane a controllare la zona nord della città.
Fra i tanti personaggi pubblici presenti ieri in un pomeriggio caldo e molto afoso - i residenti delle vie lungo il tragitto hanno lasciato i rubinetti aperti per consentire di dissetarsi - hanno risposto all’appello anche alcune centinaia di giovani militanti dei centri sociali, nell’area dei Disobbedienti. Sono arrivati a Caldogno con i caschi. A Padova, la polizia aveva fermato un gruppo di persone diretto a Vicenza con biglie, bulloni e maschere antigas. «Era un attacco preordinato», ha commentato Sarlo.
Il corteo è sfilato regolarmente fino a Ponte Marchese. Quando gli organizzatori si sono accorti che c’erano i carabinieri, di là dal ponticello, hanno fermato il serpentone con le bandiere colorate. In quella mezz’ora, un gruppetto di disobbedienti con delle tavole di legno ha attraversato il fiume, che era controllato anche dai sommozzatori dei vigili del fuoco, cercando di risalire l’altra riva lanciando dei fumogeni per raggiungere la recinzione dell’area militare; ma i carabinieri li hanno respinti.
Subito dopo, altri disobbedienti con un gruppo di giovani vicentini hanno indossato i caschi e si sono posti alla testa del corteo. In totale, 150-200 persone. Dietro allo striscione “No Dal Molin, Yes we can” e la basilica palladiana stilizzata, hanno messo delle barriere di plexiglass. «Serviranno per tenere lontani carabinieri con scudi e manganelli dal corteo», ha annunciato lo speaker. Il ragionamento degli organizzatori è che la presenza di divise lungo il tragitto «era una provocazione».
In realtà, quando quel gruppetto è avanzato, anzichè passare dritto ha virato verso lo schieramento del battaglione: con le barriere hanno spinto i carabinieri, ed è iniziato a volare di tutto. Da una parte sassi, biglie, fumogeni e la schiuma degli estintori; si sono sentiti tre grossi botti, probabilmente petardi. Non è mancato chi ha parlato di molotov o di bombe carta. Alcune sterpaglie hanno preso fuoco. I carabinieri hanno risposto a manganellate e con i lacrimogeni. Con quel denso fumo - sostanze irritanti e urticanti - il manipolo è tornato sui suoi passi. In tanti, nei paraggi, hanno avvertito bruciore agli occhi e alla gola. E il corteo si è fermato.
La pausa è durata quasi un’ora e mezza. L’assessore comunale alla Sicurezza, Dalla Pozza, che aveva cercato di mediare e che ha definito quegli scontri «una tristezza», ha tentato a lungo di far trovare un accordo. Gli organizzatori hanno cercato una linea comune, e alla fine è prevalsa quella più pacifica. «Passiamo lo stesso, anche se ci sono le divise». I carabinieri sono rimasti al loro posto, e il corteo è sfilato “protetto” da una ventina di manifestanti senza caschi né sassi. Lo stesso è avvenuto più avanti, davanti all’aeroporto civile.
In quel momento, intorno alle 18.30, è sfilato il corteo così com’era stato organizzato: la consueta festa di bandiere e di slogan contro la base e per un mondo diverso, che è possibile. «Senza guerra», hanno ripetuto i tanti gruppi politici, cattolici, di cittadini che avevano formato il serpentone. Dei disobbedienti, a quel punto, nessuna traccia. È rimasto Luca Casarini, in testa al corteo.
La minaccia di pioggia ha convinto tutti a tornare a casa, giunti in viale Dal Verme, così come aveva suggerito il sindaco Variati a Dalla Pozza. Mezz’ora dopo era già grandine.

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