IL PD NON E' LA STAMPELLA DI NESSUNO, LA POLITICA DELLE ALLEANZE RICHIEDE LA CHIAREZZA COME CONDIZIONE NECESSARIA
La fase congressuale rappresenta per il PD del Veneto una grande opportunità.Un tempo per mettere al centro del dibattito le grandi questioni economiche e sociali della regione, e per costruire i presupposti per affrontare i grandi e veloci cambiamenti che caratterizzano il Veneto, con responsabilità di governo. Nei comuni, ma anche sul versante dell’amministrazione regionale.La condizione perché ciò avvenga è che non ci siano infingimenti.Il fatto che il congresso avvenga su mozioni tematiche e con tre diversi candidati è certamente un buon inizio, contrariamente a quanto pensano in molti.Per costruire una linea condivisa infatti, c’è bisogno di confronto, di chiamare le cose con il loro nome e di esplicitare le differenze. Se ciò non avvenisse ci sarebbe unanimismo, quello stesso unanimismo che ha portato le forze del cento sinistra ad essere progressivamente distanti dalla realtà Veneta.Ci sono tre aspetti sulla quale vale la pena soffermarci e dai quali vale la pena di partire.Il primo è un dato di fatto.Negli ultimi 15 anni il centro – sinistra in veneto è diventato progressivamente residuale al punto che il PD, l’erede dello spazio politico di Margherita – DS prima, e dell’Ulivo poi, si è attestato a poco più del 20% in occasione delle Europee del 2009. Governa 1 provincia su 7 e poco più di 100 dei 583 comuni del Veneto.C’è una grande responsabilità, legata alla modalità con cui è finita l’esperienza del governo dell’Unione, esperienza che oggi qualcuno, anche dalle parti del PD vorrebbe anacronisticamente riproporre.Non si è arrivati però a questo punto per caso, ma perché non c’è stato il coraggio di proporsi in modo autorevole di fronte ai grandi cambiamenti che hanno attraversato la nostra regione.L’incremento del numero dei migranti, che erano 36.000 nel 92 e oggi sono oltre 500.000; la trasformazione dei processi produttivi, culminati nella crisi che attanaglia il nostro sistema economico da metà 2008 e il relativo costo umano, che tocca sia i piccoli imprenditori sia i lavoratori dipendenti. L’incremento della domanda di sicurezza, di sanità e di assistenza.Si è arrivati a questo punto perché non si è investito nella prospettiva del partito – società. Un partito, si radicato e forte, ma capace di dare spazio all’operaio, come all’imprenditore, al piccolo artigiano, al medico e alla ricercatrice, ecc. Spazio inteso non come “spazio estetico”, ma come ruoli di responsabilità.La distanza dall’elettorato è stata marcata anche dal mancato rinnovamento, dall’incapacità di trasformarsi dal partito di amministratori e professionisti della politica (non in senso negativo) al partito in cui possono assumere ruoli di responsabilità, portando le relative istanze, i diversi settori vitali della società Veneta.Il secondo aspetto è legato al fallimento del centro – destra in Veneto.Galan ha molte responsabilità. E’ stato soprattutto ostaggio della Lega, che è cresciuta in Veneto grazie alle campagne di istigazione della paura e del sospetto. Campagne contraddette sistematicamente dalle scelte politiche operate a Roma, in Parlamento. E’ responsabile del fatto che si sono fatte nuove strade senza una visione strategica delle infrastrutture, come del fatto che rimaniamo l’unica regione d’Italia a non avere lo Statuto, del fatto che non si è adottato un piano socio sanitario oppure della dinamica per la quale la maggior parte della disponibilità finanziaria corrente del bilancio regionale viene trattenuta e spesa dagli assessori, anziché dai comuni.Il terzo aspetto riguarda lo spazio politico nuovo che si apre per il PD in Veneto.Il fallimento delle politiche del centro – destra e una rinnovata capacità del PD di intervenire in modo forte rispetto al Veneto, marcando una idea di sviluppo che parte dalle potenzialità della nostra regione (la cultura del lavoro, la capacità di fare impresa, la collocazione geografica strategica, il patrimonio turistico e ambientale, le reti di solidarietà…), offrono uno reale possibilità di crescita del consenso.E’ chiaro che il PD non può essere autosufficiente per governare. Una delle sfide del congresso è quella di aprire una seria riflessione rispetto alla politica delle alleanze.Uno scenario che è un po’ più complesso di quello che qualcuno immagina.L’unica direzione possibile delle alleanze, a mio parere, è quella della coerenza dei valori (la visione del Veneto) e della condivisione di massima di un programma.Se è vero, come va affermando qualcuno in questi mesi, che tra la Lega e PdL vi sono due visioni diverse di Veneto e che il governatore è insofferente e intristito dai ricatti continui della Lega e dei falchi del PdL, ebbene mi pare che sia giunto il tempo che queste differenze vengano esplicitate e le contraddizioni emergano. Non come voci di corridoio, sensazioni, ma attraverso atti amministrativi e scelte.Il PD, qualsiasi sia l’esito del congresso, non farà la stampella di nessuno che dovesse trovarsi in difficoltà all’ultimo momento, soprattutto quando questo qualcuno ha rappresentato per 15 anni il centro destra nel massimo livello istituzionale della Regione.La condizione necessaria per la costruzione di un programma e di una prospettiva condivisa per il Veneto di domani è la chiarezza. Senza questa chiarezza, qualsiasi ipotesi è puramente accademica e fuori della realtà.
12 Agosto 2009
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