Coperture in amianto del Consorzio Agrario di viale Trento: il Comune le tiene monitorate dal 2001 e continua a sollecitare Anci per l’attivazione del progetto di mappatura delle zone da bonificare
“E’ dal 2001 che il Comune tiene monitorate le coperture in amianto del Consorzio Agrario di viale Trento. Lo scorso 7 luglio il responsabile del Servizio prevenzione igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro dell’Ulss 6 ha sottolineato che per il personale occupato non risultano condizioni di rischio superiori a quelli della popolazione in generale. In ogni caso il settore comunale ambiente e tutela del territorio ha chiesto al Consorzio Agrario l’aggiornamento del Programma di manutenzione imposto dal Comune fin da 2002 e l’elenco degli interventi effettuati. Per le zone effettivamente danneggiate, peraltro di dimensioni ridotte, la proprietà dovrà procedere agli interventi di bonifica previsti: rimozione, confinamento, incapsulamento, dopo il parere dell’Arpav di cui si è ancora in attesa”. Così l’assessore all’ambiente e tutela del territorio Antonio Marco Dalla Pozza sull’annosa questione delle coperture in amianto del Consorzio Agrario di viale Trento. Il caso è tornato di attualità in seguito ad una recente interpellanza del consigliere comunale Sandro Guaiti, che ha ipotizzato un progressivo deterioramento delle coperture e ha inoltre chiesto all’assessore di creare un catasto dei siti da bonificare e di verificare la presenza di finanziamenti europei per agevolare i privati nello smaltimento di questo materiale pericoloso.“La mappatura delle zone interessate dall’amianto – spiega a questo proposito l’assessore - spetta per legge alla Regione: i proprietari dei capannoni che contengono questo materiale devono comunicare i dati del fabbricato all’Ulss di competenza, mentre gli amministratori di condominio hanno l’obbiligo di avvisare l’Arpav e di sospendere ogni attività di manutenzione in caso di scoperta di amianto friabile durante gli interventi di manutenzione”. “Il Piano regionale amianto – prosegue l’assessore, tentando di far luce sulla complessa vicenda - prevedeva che i censimenti delle zone da bonificare fossero effettuati da Arpav. In considerazione del sostanziale inadempimento dell’attività di ricognizione, nel febbraio del 2008 la Regione ha individuato nei Comuni i soggetti preposti alla formazione del catasto dei siti e all’azione informativa rivolta alla popolazione. A questo scopo ha stanziato 1 milione e 500 mila euro per tre annualità. Data l’esiguità dellla cifra rispetto ai 581 Comuni veneti, la giunta regionale ha deciso di dirottare il contributo all’Anci Veneto, affidandogli il compito di realizzare il catasto dei siti da bonificare”. “In realtà – commenta l’assessore – Anci deve ancora stipulare con Arpav la convenzione necessaria perché l’agenzia regionale garantisca adeguato supporto tecnico a tutta l’operazione. Ad oggi, malgrado le nostre ripetute richieste, non abbiamo notizia dell’avvio del progetto”. “Quanto ai finanziamenti europei – prosegue Dalla Pozza – il Servizio politiche comunitarie del Comune ha verificato che al momento non vi sono programmi gestibili dai Comuni né per la bonifica da amianto, né per la costituzione di mappature”. Ad ogni modo, a fronte di qualsiasi segnalazione, il settore comunale ambiente e tutela del territorio interviene per imporre la bonifica del materiale con l’amianto. A questo proposito i tecnici comuali ricordano che la presenza di amianto non comporta, di per se stessa, un pericolo per la salute delle persone, ma che la pericolosità si manifesta in caso di inalazione di polvere generata dallo sfaldamento delle strutture. Per questo motivo il materiale contenente amianto è considerato un rifiuto pericoloso e non deve assolutamente essere depositato nei cassonetti per la raccolta dei rifiuti urbani né abbandonato lungo strade, fossati o in qualsiasi altra area. Questo comportamento, se adottato da aziende, costituisce addirittura reato di natura penale.Il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto può essere fatto soltanto tramite ditte autorizzate. In attesa dell’intervento della ditta autorizzata e se si tratta di piccole quantità di materiale, i proprietari delle strutture danneggiate possono raccoglierle e trattenerle per un periodo massimo di due mesi. Queste le precauzioni da adottare nella raccolta: non frantumare ulteriormente il materiale e non calpestarlo per evitare la formazione di polveri contenenti fibre di amianto nell’ambiente circostante; indossare mascherina protettiva, guanti, gambali, tuta e occhiali protettivi; rinchiudere i frammenti raccolti e il materiale protettivo usato in sacchi di plastica, sigillandoli con nastro adesivo;controllare periodicamente il sacco per accertare la sua integrità. I proprietari dovranno chiedere dalla ditta autorizzata che porterà via i rifiuti contenenti amianto la copia della documentazione che li assolve da ogni responsabilità sullo smaltimento. L’elenco delle ditte autorizzate, fornito dallo Spisal dell’Ulss n. 6, è disponibile al settore ambiente e tutela del territorio: tel. 0444 221598. “Invito quindi – conclude Dalla Pozza – tutti ad un grande senso di responsabilità in tema di amianto. Coloro che possiedono strutture in cui è presente questo componente devono essere attenti nel trattarlo, evitando di disperderlo nell’ambiente e cooperando con gli enti preposti al fine di un suo corretto smaltimento. Chi dovesse venire a conoscenza di luoghi in cui è presente amianto, invece, è opportuno non crei allarmismi, ma che si rivolga preventivamente al settore ambiente per verificare se il fatto è già noto.”
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