domenica 24 maggio 2009

Notti tranquille, 62 multe e infrazioni

Da "Il Giornale di Vicenza" di Sabato 23 Maggio 2009, Cronaca, pagina 21

VIGILANZA URBANA. Il bilancio positivo dal 2 all’11 maggio per il servizio muncipale rafforzato contro il degrado
Notti tranquille, 62 multe e infrazioni
Violazioni al codice della strada, più anti-alcol e anti-prostituzione. Un locale sanzionato
Tempo di bilanci per l’assessorato alla sicurezza del Comune di Vicenza, dopo 7 giorni del progetto “Notti tranquille”, in cui gli agenti della polizia locale si sono impegnati in 98 ore di servizio straordinario per rendere più sicure le zone di maggior degrado e criminalità della città. Dal 2 maggio all’ 11 maggio sono state accertate 50 violazioni al codice della strada di cui 2 per guida in stato d’ebbrezza per bevande alcoliche; per l’ordinanza anti-prostituzione e per quella anti-alcool sono stati rispettivamente 4 e 8 i verbali compilati; 14 le persone identificate. Sanzionato inoltre il titolare di un esercizio pubblico che non rispettava l’orario di chiusura e controllati 93 veicoli. «Un ottimo inizio – commenta l’assessore alla sicurezza Antonio Marco Dalla Pozza – sia per il cospicuo numero di controlli svolti dagli agenti, sia per la funzione preventiva». Sabato 2 maggio sei agenti hanno svolto la loro attività dall’una alle quattro del mattino: emesse 3 ordinanze anti-prostituzione, registrate 7 violazioni, una per guida in stato d’ebbrezza e 6 per altre infrazioni del codice della strada. I vigili hanno identificato 6 persone. Il 4 maggio controlli dalle 16 alle 20: 2 violazioni all’ordinanza anti-alcool e 2 infrazioni al codice della strada, sette gli identificati. Denunciata inoltre una persona per un furto di bicicletta. Tra le 16 e le 20, mercoledì 6 maggio, i due vigili in servizio hanno sanzionato una violazione dell’ordinanza anti-alcool e 9 al codice della strada. Giovedì 7 maggio dalle 20 alle 24 , cinque vigili in campo per 14 infrazioni al codice della strada e una violazione all’ordinanza anti-prostituzione. Venerdì 8 maggio 4 verbali per comportamenti contrario all’ordinanza antialcool e 4 per infrazioni al codice della strada. La prima settimana del progetto “Notti tranquille” si è conclusa con sabato 9 in cui 6 agenti, dall’una alle quattro di notte, hanno accertato due infrazioni al codice della strada, di cui una per guida in stato di ebbrezza. È stato inoltre effettuato un controllo in un esercizio pubblico,contestando la chiusura oltre orario. Lunedì 11 maggio l’orario di controllo aggiuntivo dei vigili è stato dalle 16 alle 20: durante il servizio sono state registrate 12 violazioni delle norme del codice della strada e una sull’ordinanza anti-alcool.

Le 500 multe anti smog “fruttano” 37 mila euro

Da "Il Giornale di Vicenza" di Venerdì 22 Maggio 2009, Cronaca, pagina 12. Articolo di Gian Marco Mancassola

LOTTA ALLE POLVERI SOTTILI. L’assessore Dalla Pozza ha presentato i risultati dei tre mesi di limitazioni al traffico tra gennaio e aprile

Le 500 multe anti smog“fruttano” 37 mila euro

Maltempo e crisi economica fanno calare l’inquinamento atmosferico.
A settembre nuova domenica senza auto, poi blocchi dei vecchi veicoli

Trentasettemila euro e spiccioli. Niente male in tempi di recessione. I blocchi del traffico, tra gennaio e aprile, hanno dato una mano alle casse comunali, dove sono confluiti gli introiti di 506 multe da 74 euro l’una rifilate ai trasgressori delle limitazioni al traffico: stop ai motori Euro 0 ed Euro 1, e domenica ecologica. Il gruzzoletto racimolato basterebbe per organizzare un paio di giornate a piedi, tra autobus gratuiti e transenne.
I CONTROLLI. Nella rete dei vigili è stato ingabbiato il 10 per cento degli automobilisti controllati. La polizia locale ci ha dato dentro, fermando oltre 5 mila veicoli in tre mesi. Qualche curiosità sparsa: la deroga più gettonata è quella sfruttata dagli ultrasessantacinquenni (11,9%), seguiti dai mezzi vecchi sì, ma dotati di motore alimentato da gpl o metano (10,5%). Gli orari più infausti per circolare sono le 16, quando è stato pizzicato il 29% dei multati, e le 10 (26%). Il giorno più trasgressivo è in media il mercoledì (27%). Dei multati la metà vive fuori città e il 13% fuori provincia. Il 54% dei trasgressori sono italiani, il 14% europei, il 33% extracomunitari.
LE POLVERI. Il dato su cui si appunta la lente di ingrandimento dell’amministrazione comunale, tuttavia, è relativo all’andamento dell’inquinamento atmosferico. Nel riepilogo presentato ieri dall’assessore all’Ecologia Antonio Marco Dalla Pozza, dal comandante della polizia locale Cristiano Rosini e dal direttore del settore Ambiente Gianfranco Menarin, emergono numeri confortanti: la qualità dell’aria a Vicenza è migliorata. Detto che Vicenza ha già esaurito il bonus di 35 giorni con valori di pm10 fuori norma, va segnalato che il livello massimo di micropolveri rilevato nel 2009 è stato pari a 121 microgrammi per metro cubo d’aria, nettamente inferiore alla punta massima di 200 microgrammi rilevata nel 2008. Secondo l’analisi offerta dall’assessore Dalla Pozza, gran parte del merito va assegnato all’eccezionale maltempo che ha guastato la prima parte del 2009. Tuttavia «è probabile che la crisi economica influisca sulla diminuzione dell’inquinamento, a causa delle ridotte emissioni in atmosfera da parte dell’industria e per la riduzione del traffico pesante».
LE CENTRALINE. Nei propositi di Dalla Pozza c’è l’intenzione di riannodare i fili della Carta di Padova, quell’intesa tra i capoluoghi veneti che in passato produsse misure comuni contro lo smog. Polemico con la Regione Veneto per «la perdurante inerzia», l’assessore anticipa che sarà ripetuto lo stop ai vecchi mezzi, mentre sarà istituzionalizzata la domenica ecologica di settembre. Nel frattempo sarà perfezionata la riorganizzazione del sistema delle centraline, assegnando a quella del Quartiere Italia il compito di rilevare il pm10, posizionando una nuova centralina in zona Ferrovieri, trasferendo quella via Spalato a Vicenza est. Costo dell’operazione: 70 mila euro.

giovedì 21 maggio 2009

La Wisco e il rifiuto di Vicenza

Da "Il Giornale di Vicenza" di Mercoledì 20 Maggio 2009, cronaca, pagina 23, interviste di Cinzia Zuccon Morgani

DIECI DOMANDE E VENTI RISPOSTE. L’assessore ribadisce il no al trattamento per rifiuti liquidi. Il manager spiega perché invece il progetto ai Ferrovieri funziona
La Wisco e il rifiuto di Vicenza
Dalla Pozza: «Impianto pericoloso, non sta bene tra le case». Piva: «È un’industria sicura vicina ad altre»

1. Considerando che già da molti anni, nelle città, si è favorito lo spostamento delle aziende collocate nelle zone residenziali quali ritenete siano le caratteristiche di un sito destinato ad ospitare un impianto di trattamento rifiuti anche pericolosi?
Dalla Pozza: Sicuramente non quelle che ci sono oggi ai "Ferrovieri", con abitazioni che distano 150 metri dall'impianto. Lo sforzo che l'Amministrazione sta producendo per riqualificare quella parte di città, che ha perso la vocazione industriale a favore di destinazioni commerciali e direzionali, verrebbe vanificato da una struttura di alto impatto ambientale che dovrebbe trovar posto solo in una zona industriale vera e propria.
Piva: Un impianto di trattamento di rifiuti liquidi industriali dovrebbe essere collocato in una superficie caratterizzata dalla presenza d'insediamenti industriali produttivi, come lo è nella fattispecie, l'area dove è attualmente ubicato il nostro depuratore.

2. Tutti producono rifiuti, ma nessuno vuole smaltirli a casa propria. La città di Vicenza da sempre smaltisce fuori dai confini comunali i propri rifiuti urbani e l’intera provincia anche quelli industriali. Recentemente, tuttavia, il Comune si è detto disponibile ad identificare un luogo adatto per identificare una diversa collocazione per l’impianto Wisco, fuori dall’area dei Ferrovieri. Un’ipotesi realisticamente percorribile? E in quali tempi?

Dalla Pozza: Il Comune si è detto disponibile, se serve, a sedersi ad un tavolo con Provincia e Regione per provare ad identificare siti alternativi. Qui non si parla di smaltimento dei rifiuti liquidi di Vicenza, ma di quelli di tutto il Veneto e forse anche oltre. Perché a Marghera, a Bologna, a Torre del Greco, a Bari e a Catania l'impianto non va bene, e a Vicenza invece sì? E in tutto il Veneto, o in tutto il Nord non c'è luogo migliore dei "Ferrovieri"? E siamo sicuri che, tra tanti ’no’, questo non diventerebbe l'impianto destinato ad accogliere i rifiuti liquidi pericolosi di tutto il Paese?
Piva: Devo sottolineare che già da cinque anni stiamo lavorando a questo progetto - tra l'altro approvato dalla Commissione Via (“Valutazione di impatto ambientale”) della Regione Veneto - ma fino ad oggi nessuno ci ha mai fatto alcuna proposta concreta in merito ad un'area alternativa per la collocazione dell'impianto.

3.Il Veneto oggi è autosufficiente nello smaltimento dei rifiuti liquidi industriali?
Dalla Pozza: Sembrerebbe di sì. Il Prof. Mantovani - referente del gruppo istruttorio della Commissione Regionale Via - il 12 marzo 2008 afferma in Commissione che: "…in riferimento alla disponibilità di impianti per il trattamento dei rifiuti liquidi, il Veneto ha una capacità sufficientemente allineata con la produzione per quanto riguarda lo smaltimento di quei rifiuti". Quindi si capisce ancor meno perché Vicenza dovrebbe ospitare l'unico impianto di Wisco SpA previsto nell'intero Settentrione. Chi ci guadagnerebbe è solo Wisco, a scapito di altri concorrenti.
Piva: No, dati ufficiali di mercato (Fonte Ecocerved) evidenzierebbero che una parte dei rifiuti liquidi industriali prodotti in Veneto verrebbe esportata per lo smaltimento, sia dalla provincia di Vicenza che dalla regione.La nostra proposta è nata per soddisfare, in ambito provinciale, la domanda inevasa di smaltimento di questi rifiuti, contenendo le movimentazioni di rifiuti da e verso altre province, esattamente come vorrebbe la normativa.

4. L’impianto di trattamento rifiuti all’arsenale è temuto dalla popolazione e avversato da tutte le forze politiche. Wisco ha già visto opporsi altre città in diverse regioni a simili impianti: a Vicenza se ne parla da quattro anni, con ricorsi al Tar e paventando risarcimenti di danni. Si ritiene che realizzare qui l’impianto sia comunque più opportuno o più facile che altrove?
Dalla Pozza: Forse ultimamente si pensa che a Vicenza si possa fare un po' di tutto. Succede così quando le Istituzioni, come fece l'Amministrazione Hüllweck col "Dal Molin", accettano a capo chino decisioni prese altrove. E devo notare, con rammarico, che il centrodestra cittadino ultimamente sembra aver trascurato l'argomento. Spero non sia per non mettere in difficoltà la Regione, guidata dalla stessa maggioranza politica.
Piva: Si, è più opportuno, lo dimostra l'analisi sul fabbisogno di impianti di trattamento di rifiuti liquidi industriali in alcuni territori, l'export di questi rifiuti e l'approvazione della Commissione Regionale di Via. Nel caso di Vicenza andremmo ad operare all'interno di un'area dove è già attivo, da anni, un impianto per il trattamento dei reflui prodotti dalle officine meccaniche di Trenitalia. Si tratterebbe quindi di un revamping dell'impianto esistente, per renderlo idoneo a smaltire anche i rifiuti liquidi prodotti dalle principali industrie regionali. Andando ad operare sull'esistente, l'impatto sul territorio sarebbe meno invasivo, rispetto ad un analogo impianto totalmente nuovo.

5. Un impianto di trattamento rifiuti genera preoccupazioni nei cittadini mentre i privati possono realizzare guadagni. In una città che ipoteticamente accettasse di ospitarlo facendosi carico anche dei rifiuti altrui, la comunità che lo ospita sul proprio territorio dovrebbe essere compensata? E in quale modo?
Dalla Pozza: Lo dovrebbe dire Wisco, che invece pretende solo ciò che ritiene un suo diritto. Qui parliamo di un impianto privato, gestito da privati, non necessario al Veneto, che alla città non porta nulla se non guai ambientali, urbanistici, viabilistici, e che non viene nemmeno pianificato, ma solo inserito in un luogo dove il privato, Trenitalia, ha già l’area. Qual è il guadagno per Vicenza?
Piva: Nello studio di impatto ambientale e di incidenza abbiamo previsto le cosiddette "misure compensative", cioè gli interventi tecnici migliorativi dell'ambiente preesistente, che possono funzionare come compensazione degli impatti residui, là dove questi non potranno essere ulteriormente mitigati in sede tecnica. Le compensazioni potranno tradursi nella realizzazione di progetti ambientali finalizzati all'impianto, al recupero ed al ripristino di elementi di naturalità. In ogni caso sono azioni che vengono abitualmente concordate con gli Enti locali.

6. Con la realizzazione dell’impianto Wisco non c’è il rischio di un deprezzamento degli immobili della zona e che si pregiudichi lo sviluppo urbanistico delle aree vicine?
Dalla Pozza: Certo, è sicuro. Chi riuscirebbe più a vendere una casa che dista pochi metri da un impianto per il trattamento di rifiuti pericolosi? E quale investitore privato accetterebbe di intervenire in un luogo che presenta rischi ambientali notevoli, con la certezza poi di non riuscire a vendere un solo metro quadrato di quanto è stato riqualificato? Questo impianto vanificherebbe totalmente sia le finalità della Variante alla Zona Industriale, sia il tentativo di recupero dell'ex Lanerossi.
Piva: L'impianto non sottrarrà nuovo spazio alla città perché sarebbe in una Zona Industriale, all'interno dell'Officina Grandi Riparazioni di Trenitalia, dove, come anzidetto, già è presente il depuratore Wisco. Se qualcosa cambierà, sarà in meglio, anche grazie alle opere di mitigazione e compensazione che verranno effettuate.

7. Un’altra preoccupazione riguarda il depuratore di S. Agostino, non dimensionato per supportare gli scarichi che si aggiungerebbero provenienti dal nuovo impianto di trattamento rifiuti. E’ da considerare la possibilità che Wisco partecipi economicamente ad un progetto che risolva questo problema?
Dalla Pozza: Il problema è il rischio di incidente. L'impianto di depurazione non potrebbe sopportare uno sversamento accidentale in fognatura di rifiuti pericolosi. Verrebbero inquinati gravemente Retrone e Bacchiglione. Tra l'altro, vorremmo dismettere l'impianto di S.Agostino, ampliando quello di Casale, e ciò potrebbe costare alcune decine di milioni di euro. Non credo proprio che Wisco voglia partecipare alla spesa.
Piva: Anche in questo caso mi sentirei di dare tutte le rassicurazioni del caso: l'Aim di Vicenza ha già dato parere favorevole al progetto, considerando anche eventuali ricadute sul depuratore di S. Agostino.

8. Si teme anche per l’occupazione. Wisco sostiene che i dipendenti attuali invece aumenteranno. Ma è possibile assicurare che nel complesso nell'area dell’Arsenale di Vicenza non verrà ridotta l’attività lavorativa e che il personale attuale non sarà costretto a trasferirsi?
Dalla Pozza: Sono curioso di vedere come un impianto per il trattamento di rifiuti pericolosi, che diventerà dieci volte più grande di quello che c'è ora, potrà convivere con i lavoratori dell'Arsenale. Il sospetto è che Trenitalia stia lavorando da tempo per spostare altrove delle lavorazioni di grande qualità per lasciar spazio a Wisco. È certo però che 12 nuovi assunti non ricompenseranno mai la città della perdita di decine di posti di lavoro.
Piva: Non ci sono motivi per i quali si possa far derivare, a seguito dell'implementazione dell'impianto, la chiusura o il trasferimento dell'Officina di Trenitalia. Certamente il potenziamento dell'impianto Wisco porterà ad un incremento occupazionale.

9. In caso di realizzazione dell’impianto sarà destinato ad aumentare il carico di rifiuti in transito nella zona via treno e sui camion. C'è la certezza che la maggior parte dei rifiuti e residui di lavorazione viaggerà via treno? E questo aumenterebbe la sicurezza dell'impianto?
Dalla Pozza: Due camion l'ora per il trasporto, più quelli per il conferimento degli acidi per la lavorazione dei rifiuti, più quelli per lo smaltimento fanghi di depurazione… Quanto fa? E se un camion dovesse rovesciarsi dentro al quartiere? E i silos per lo stoccaggio dei rifiuti liquidi, sarebbero a prova di sversamento o di errata miscelazione? Troppe incognite per un impianto tra le case.
Piva: Come già analizzato dalla Commissione V.I.A., la viabilità su gomma risulta essere ottimale. Wisco avendo partner Trenitalia ed essendo dotata dell'infrastruttura ferroviaria all'interno del sito, cercherà altresì di massimizzare il trasporto su rotaia. La Provincia di Vicenza avrà la possibilità di detenere questo primato in quanto, ad oggi, non esiste uno smaltitore sul territorio italiano che lo faccia, proprio a causa dell'imprescindibile caratteristica di disporre della ferrovia a piè d'impianto, nonostante la normativa preveda l'utilizzo della via ferrata per il trasporto dei rifiuti. A prescindere da questo, se s'intende la sicurezza dal punto di vista impiantistico non c'è alcuna relazione con la tipologia di trasporto e la sicurezza dell'impianto, che sarà comunque garantita dalle migliori tecnologie che verranno impiegate.

10. Nell’ipotesi che la Regione si esprima contro la realizzazione di questo impianto che destino potrebbe avere quest’area?

Dalla Pozza: Noi riteniamo che il quartiere abbia già pagato a sufficienza. Posto ai margini di una estesa zona industriale, attraversato da un traffico intenso, ha visto anche tanti suoi abitanti, lavoratori ferroviari, morire per l'amianto. Crediamo che la zona vada "risarcita", e l'impianto Wisco andrebbe solo ad aggravare i problemi. L'Amministrazione invece vuole riqualificare la zona.
Piva: Non spetta certo a noi la decisione e non abbiamo elementi per ipotizzare una destinazione industriale diversa da quella attuale, Area ferroviaria compresa.

Antonio Marco Dalla Pozza è assessore alla sicurezza, ambiente, patrimonio, affari legali ed istituzionali, con delega ai rapporti con il Ciat, l'Ato Rifiuti Urbani e l'Aato "Bacchiglione"per il ciclo integrato dell'acqua. In Comune a Vicenza è stato consigliere comunale dal 1998 al 2008 prima nei Ds e poi nel Pd. Di entrambe le formazioni è stato anche segretario politico cittadino. In commissione "Territorio" dal 2000 al 2007, si è occupato di urbanistica battendosi per evitare la cementificazione del campo "Federale" e a favore della realizzazione del parco delle "Montagnole" ed il riuso a fini pubblici dell'area dell'ex Centrale del Latte di Via Medici.

Stefano Piva, in Enel spa dal 2000, dal settembre 2006 è amministratore delegato Wisco (la società partecipata al 51% dall'Enel e al 49% da Trenitalia che intende realizzare all'Arsenale ai Ferrovieri un impianto per il trattamento di 250 tn al giorno di rifiuti speciali). Laureato in Economia e commercio all'Università Cattolica di Milano, ha iniziato la sua attività professionale presso Pricewaterhous Coopers dove si è occupato per 3 anni di revisione e certificazione bilanci e per quattro di Mergers & Acquisitions nella sede londinese della società. È stato poi Direttore Amministrazione Finanza e Controllo di una società di investimentidel Gruppo De Benedetti.

venerdì 15 maggio 2009

Controllati in 30 dopo le proteste dei residenti

Da "Il Giornale di Vicenza" di Venerdì 15 Maggio 2009, Cronaca, pagina 24, articolo di Diego Neri

IL FATTO. Polizia e vigili urbani hanno compiuto una verifica in stradella del Garofolino dopo numerose segnalazioni

Controllati in 30 dopo le proteste dei residenti

I giovani che bivaccano nella piazzetta avevano bottiglie di vino e di birra. Gli abitanti: «Fanno baccano fino a notte»

La risposta è giunta immediata. Una dozzina di agenti hanno cinturato, nel pomeriggio di ieri, stradella del Garofolino identificando una trentina di giovani. Il blitz è giunto dopo una serie di segnalazioni e proteste da parte dei residenti, che erano sfociate anche in un’interrogazione alla giunta comunale del consigliere forzista Marco Zocca.Polizia e vigili urbani si sono organizzati per cercare di comprendere se le lamentele di coloro che vivono nella stradella, che unisce via Cordenons a corso Fogazzaro, in centro storico, fossero giustificate. «Togliete quelle panchine», era la richiesta dei residenti. «Da qualche mese gruppi di giovani arrivano qui attorno alle 16 e restano fino a notte inoltrata giocando a frisbee, bevendo alcolici, spesso urlando. C'è anche chi arriva con cani e li lascia liberi. Gli ultimi di loro, nel fine settimana ne vanno alle 3.30 ma mai in silenzio. E lo spettacolo è desolante: bottiglie, vetri rotti, mozziconi di sigarette. È stata trovata una confezione di metadone». Inoltre, più di qualche volta ci sono stati screzi fra i giovani e i residenti, sfociati nel danneggiamento di qualche auto in sosta. Fra l’altro, appelli similari erano giunti nei giorni scorsi anche da altre zone del centro, come le Barche o S. Paolo.Per questo ieri, non senza qualche momento di tensione, la polizia ha identificato una trentina di persone, tutti ragazzi fra i 15 e i 20 anni. «Non facciamo nulla di male», si sono difesi i giovani, spiegando che in città i luoghi di ritrovo all’aperto sono ben pochi. Sono state trovate delle bottiglie, alcune delle quali lasciate a terra, che sono state svuotate in un tombino. È possibile che i vigili valutino se elevare qualche multa per la mancata osservanza della ordinanza del sindaco che vieta di bere alcolici in strada.Il controllo si è concluso dopo qualche ora, mentre i residenti hanno plaudito all’intervento suggerendo che ora dovrebbero essere verificati anche alcuni dei locali della zona.

mercoledì 13 maggio 2009

Progetto anti-violenza, taxi "rosa" per le donne

Da "Il Giornale di Vicenza" di Mercoledì 13 Maggio 2009, cronaca, pagina 14, articolo di Gian Marco Mancassola

SICUREZZA. Il Comune e la cooperativa dei tassisti stanno per varare una sperimentazione per le ore notturne

Progetto anti-violenza
Taxi “rosa” per le donne

Da luglio scatteranno corse speciali fino a mezzanotte al costo di un drink Allo studio anche l’ipotesi del taxi “d’argento” per gli anziani in difficoltà

I taxi si colorano di rosa per proteggere le donne vicentine. Prende corpo, a palazzo Trissino, un progetto contro abusi e violenze ai danni dell’universo femminile. A partire dall’estate, prenderanno il via in forma sperimentale speciali corse notturne a un prezzo superscontato riservate a donne sole o con figli che hanno la necessità di spostarsi in sicurezza in orari in cui i mezzi di trasporto pubblici non sono in servizio, o in zone della città non adeguatamente servite dagli autobus. Il primo disco verde si è illuminato l’altra sera all’assemblea dei tassisti.
IL PROGETTO. Il sindaco Achille Variati e l’assessore alla Sicurezza Antonio Marco Dalla Pozza hanno confezionato una proposta presentata alla Cotavi, la cooperativa dei tassisti vicentini. Il progetto è nato sulla scorta dei terribili fatti di cronaca emersi nel panorama nazionale. Anche a Vicenza non si scherza. È di gennaio la molestia patita da una quindicenne alla fermata dell’autobus, uscita da scuola, ad opera di un romeno che aveva cercato riparo nel campo nomadi di viale Cricoli. Anche Campo Marzo era stato teatro di un’aggressione la scorsa estate.
IL TAXI ROSA. In cosa consiste la proposta? Come spiega l’assessore Dalla Pozza, tra le 22 e le 24 verrebbero garantite corse in taxi a un prezzo superscontato per donne vicentine sole o con figli minorenni. Il Comune garantirebbe, con propri fondi, la copertura della tariffa del servizio notturno, mentre la cooperativa rinuncerebbe al diritto di chiamata. Il progetto potrebbe essere messo in pista già dall’estate, con una fase sperimentale tra luglio e dicembre. «I soldi per finanziare l’operazione ci sono. Si tratta di un importante segnale per la sicurezza», afferma l’assessore.
I TASSISTI. Del progetto si è discusso lunedì sera all’assemblea dei tassisti, con un primo via libera ad avviare la trattativa. «Stiamo valutando i dettagli, ma c’è un orientamento favorevole - analizza il presidente della cooperativa Davide Giardina - il servizio verrebbe garantito al costo di un drink». Sul tavolo c’è anche un’altra idea, per ora allo stato embrionale, a cui è affezionato il sindaco Variati: è il taxi d’argento, riservato agli anziani in difficoltà. Ma questa è un’altra storia.

Primi 7 giorni di “Notti tranquille”: ecco i dati

Tempo di bilanci per l’assessorato alla sicurezza del Comune di Vicenza, dopo i primi sette giorni del progetto “Notti tranquille”, in cui gli agenti della polizia locale si sono impegnati in 98 ore di servizio straordinario per rendere più sicure le zone di maggior degrado e criminalità della città. Dal 2 maggio all’ 11 maggio grazie a questa iniziativa sono state accertate 50 violazioni al codice della strada di cui 2 per guida in stato d’ebbrezza per bevande alcoliche; per l’ordinanza anti-prostituzione e per quella anti-alcool sono stati rispettivamente 4 e 8 i verbali compilati; 14 le persone identificate. La polizia locale ha inoltre sanzionato il titolare di un esercizio pubblico che non rispettava l’orario di chiusura stabilito e ha controllato complessivamente 93 veicoli. “Un ottimo inizio – commenta l’assessore alla sicurezza Antonio Marco Dalla Pozza – sia per il cospicuo numero di controlli svolti dagli agenti, molti dei quali hanno portato a delle sanzioni, sia per la funzione preventiva data dalla costante presenza dei vigili in un’area che, come dimostrano le violazioni accertate, richiede una particolare attenzione da parte delle forze dell’ordine. Per questo motivo la nostra azione proseguirà con maggior incisività fin dai prossimi giorni e potrà svolgersi nella sua interezza non appena entreranno in funzione le telecamere di controllo”.Nel dettaglio, sabato 2 maggio, i sei agenti in servizio hanno svolto la loro attività di controllo nella fascia oraria che va dall’una alle quattro del mattino. Sono state emesse 3 ordinanze anti-prostituzione, mentre sono state registrate 7 violazioni: una per guida in stato d’ebbrezza e 6 per altre infrazioni del codice della strada. I vigili hanno inoltre proceduto all’identificazione di 6 persone.Lunedì 4 maggio, il controllo straordinario che è avvenuto dalle 16 alle 20, ha registrato 2 violazioni all’ordinanza anti-alcool e 2 infrazioni al codice della strada. 7 le persone che gli agenti della polizia locale hanno provveduto a identificare. È stata inoltre denunciata una persona per un furto di bicicletta.Sempre nella fascia oraria delle 16-20, mercoledì 6 maggio i due vigili in servizio, oltre a procedere nell’identificare un soggetto, hanno sanzionato una violazione dell’ordinanza anti-alcool e 9 al codice della strada. Giovedì 7 maggio la fascia oraria in cui è avvenuto il servizio degli agenti di “Notti tranquille” è stata quella dalle 20 alle 24 con 5 uomini sul campo a registrare 14 infrazioni al codice della strada e una violazione all’ordinanza anti-prostituzione.Venerdì 8 maggio, ancora, la polizia locale ha emesso 4 verbali per comportamenti contrario all’ordinanza antialcool e 4 per infrazioni al codice della strada.La prima settimana del progetto “Notti tranquille” si è conclusa con sabato 9 in cui 6 agenti, dall’una alle quattro di notte, hanno accertato due infrazioni al codice della strada, di cui una per guida in stato di ebbrezza. È stato inoltre effettuato un controllo in un esercizio pubblico, ai cui titolari è stata contestata la chiusura oltre orario. Lunedì 11 maggio l’orario di controllo aggiuntivo dei vigili è stato dalle 16 alle 20: durante il servizio sono state registrate 12 violazioni delle norme del codice della strada e una per il mancato rispetto dell’ordinanza anti-alcool.
Vicenza, 13 maggio 2009

lunedì 11 maggio 2009

«I reati sono calati ma la città si sente ancora insicura»

Articolo da "Il Giornale di Vicenza" di Domenica 10 Maggio 2009, pagina 11, di Diego Neri

LA FESTA DELLA POLIZIA. Forte appello del questore Giovanni Sarlo alla collaborazione fra forze dell’ordine e cittadini per il 157esimo. «C’è più sicurezza insieme»

«I reati sono calati ma la città si sente ancora insicura»

Nei primi tre mesi nel capoluogo i delitti sono diminuiti rispetto al 2008: da 7.300 a 6.200. E crescono gli arresti

I reati sono in calo ma è necessario lavorare per rispondere alla crescente domanda di sicurezza dei cittadini, preoccupati da furti e rapine.È l’appello che il questore Giovanni Sarlo ha ribadito ieri mattina nel palazzo delle Opere sociali di piazza Duomo, durante la festa per il 157esimo anniversario dalla fondazione della polizia di Stato.Davanti alle autorità cittadine e ai suoi poliziotti schierati, Sarlo ha ringraziato le altre forze dell’ordine, gli uffici della questura e le specialità della polizia invitando a riflettere sulla necessità che le forze dell’ordine e le istituzioni «facciano squadra per gestire al meglio risorse e uomini nelle attività di prevenzione e contrasto a fenomeni di degrado».Sarlo ha ricordato è costante da un paio d’anni il trend positivo dei reati, complessivamente in calo. Diminuiscono nettamente furti e ricettazioni (passando dal 2007 al 2008 da 17767 a 14720, meno 17 per cento), truffe (da 1282 a 905) e violenze sessuali (da 64 a 46), mentre sono in leggera crescita solo usura, estorsione e rapine (da 209 a 227). Cinque, nel 2008, gli omicidi volontari, e 9 i tentati omicidi che hanno portato in cella 13 persone. «Solo la polizia ha arrestato 240 persone, denunciandone 1241 nel 2008», ha detto il questore. In 93 sono finiti nei guai per spaccio di droga. Considerando solo il primo trimestre, il calo dei reati è marcato: nel capoluogo sono passati dai 7357 dello scorso anno ai 6197 del 2009 (meno 15 per cento).Ciononostante, dalla società «emerge una crescente domanda di sicurezza che deriva dalla preoccupazione nei confronti della criminalità predatoria». Una domanda a cui è necessario dare risposta.Sarlo ha poi fatto riferimento a dati nazionali, che trovano riscontro a Vicenza, secondo i quali un terzo dei reati è commesso da clandestini, un terzo da immigrati regolari e un terzo da italiani. «Per questo, il contrasto all’immigrazione clandestina deve diventare il cardine della nostra azione», con l’auspicio però che «si cominci a lavorare per sottrarre alle nostre competenze gli aspetti burocratici per privilegiare quelli di contrasto». Nel Vicentino, l’ufficio stranieri ha espulso nel 2008 231 persone, ha rifiutato 281 permessi di soggiorno e ne ha revocati 11, mentre sono aumentate le misure di sicurezza (avvisi orali, fogli di via, sorveglianze speciali), grazie anche alle oltre 28 mila persone controllate.Il questore ha ricordato l’attentato terroristico del primo novembre scorso ai danni del Centro formazione della banca Popolare di Vicenza, «che solo per un accidente non ha provocato danni a persone», per sottolineare come le problematiche sociali possano innescare problemi più gravi. Infine, ha spiegato che il caso Dal Molin ha comportato un notevole lavoro sul fronte dell’ordine pubblico, chiarendo il suo pensiero: «Si è cercato di conciliare al massimo la giusta esigenza di tutela della libera espressione del pensiero con gli altri interessi, tutti costituzionalmente garantiti. Molte giornate sono state spese per coniugare queste esigenze al principio di legalità».

mercoledì 6 maggio 2009

Caso Wisco: alla commissione V.I.A. Dalla Pozza presenta le ragioni dell’amministrazione e dei cittadini

Un incontro di oltre un’ora, che si è concluso con la richiesta di una memoria documentale al Comune di Vicenza: questa mattina a Venezia la riunione della commissione regionale V.I.A. sul caso Wisco ha consentito all’assessore all’ambiente Antonio Marco Dalla Pozza di presentare nel dettaglio i motivi della contrarietà dell’amministrazione comunale e di un intero quartiere. Presieduta dall'Ing. Silvano Vernizzi, la commissione era riunita “per la trattazione del progetto proposto da Wisco SpA per la realizzazione di un impianto per il trattamento di rifiuti liquidi speciali pericolosi e non pericolosi di provenienza esterna, assieme a reflui derivanti dai cicli lavorativi di Trenitalia SpA, per una potenzialità complessiva di 250 mc/giorno, di cui 200 in conto terzi”. La commissione ha ascoltato il Comune di Vicenza, rappresentato dall'assessore all'ambiente Dalla Pozza, accompagnato da Gianfranco Menarin, direttore del settore ambiente e tutela del Territorio, da Antonio Bortoli, direttore del Dipartimento territorio e da Giovanni Sacchiero di Acque Vicentine. Durante l'audizione, alla presenza del referente del gruppo istruttorio Antonio Mantovani, l'assessore ha riepilogato le motivazioni che hanno portato il Comune a chiedere più volte la riapertura della procedura. Innanzitutto il parere espresso da Acque Vicentine nel maggio 2008, e suffragato da una consulenza richiesta al professor Gianni Andreottola dell'Università di Trento del successivo giugno, con i quali si evidenziavano i danni - in caso di sversamento accidentale proveniente dall'impianto Wisco - all'impianto di depurazione di Sant'Agostino, ed a causa dei quali si potrebbe avere un blocco dell'impianto anche di due mesi, con conseguente superamento dei limiti allo scarico ed inquinamento del Retrone per prolungati periodi di tempo. Inoltre, è stato sottolineato il grave pregiudizio che si avrebbe per lo sviluppo urbanistico dell'area. Infatti l'adozione, da parte della precedente giunta comunale, del "Piruea ex Lanerossi", unita alla recente approvazione della variante per la zona industriale, rappresentano elementi di novità precedentemente non considerati dal progetto. Ed è chiaro che in una fase come quella attuale, segnata dall'avvicinamento al momento di adozione del PAT, un impianto di quel tipo e di quelle dimensioni inibirebbe qualunque tentativo di riqualificazione urbanistica dell'area, compromettendo le funzioni pianificatorie proprie dell'amministrazione comunale. Infine, sono state sottolineate le preoccupazioni di tipo sociale, per il rischio di definitiva compromissione delle lavorazioni oggi effettuate all'interno dell'Arsenale e per il conseguente rischio di calo occupazionale, la contrarietà dell'intero quartiere dei "Ferrovieri", ribadita nell'assemblea pubblica che si è svolta proprio ieri sera, e la recente conferma, votata dal consiglio comunale, della volontà di tutte le forze politiche di non acconsentire alla realizzazione dell'impianto. Da parte loro i rappresentanti della Wisco hanno affermato la volontà di procedere, giudicando illegittima la procedura adottata dalla Regione di riaprire l'istruttoria e minacciando una nuova azione giudiziaria dinanzi al Tribunale Amministrativo, oltre a quella già in corso, per la quale si sta svolgendo questo pomeriggio l'udienza per il procedimento promosso da Wisco contro la Regione a causa della presunta inerzia di questa nell'autorizzare il progetto. Inoltre, hanno contestato le "suggestioni" che l'amministrazione comunale starebbe utilizzando per bloccare l'avanzata del progetto, affermando di non aver mai ricevuto i nuovi materiali prodotti dal Comune di Vicenza. A tale atteggiamento Dalla Pozza ha contrapposto le ragioni portate dal Comune di Vicenza in rappresentanza dei cittadini, ragioni per le quali ha chiesto alla ditta maggior rispetto. La seduta, durata più di un'ora, si è chiusa senza l'espressione di un parere da parte della commissione, che ora resta in attesa di ricevere un'ulteriore memoria documentale da parte del Comune, contenente gli approfondimenti di natura urbanistica e viabilistica illustrati nel corso dell'audizione. Poi, presumibilmente, vi sarà una nuova convocazione per l'espressione del parere, che verrà trasmesso alla Giunta Regionale. Salvo che nel frattempo dal TAR non giungano notizie diverse che costringano la Giunta a pronunciarsi. L'avvocatura comunale sta comunque seguendo con attenzione la vicenda giudiziaria, pronta ad eventuali ricorsi amministrativi per opporsi alla realizzazione dell'impianto. Cauto ma parzialmente soddisfatto il commento da parte dell'assessore: "Avevamo intuito che si potesse trattare di una seduta interlocutoria, ma valutiamo tuttavia molto positivamente la riapertura dell'istruttoria, alla luce dei nuovi elementi portati dal Comune di Vicenza. E' stata ribadita nuovamente, e finalmente con la possibilità di spiegare con dovizia di particolari, la nostra fermissima posizione di contrarietà. Siamo a fianco dei cittadini in questa battaglia contro un colosso economico che, anche durante questa seduta, ha dimostrato di non tenere in conto alcuno le ragioni di una città e di un suo quartiere".

martedì 5 maggio 2009

Il borseggio della zia

Intervista tratta da http://www.unacitta.it/

Marzio Barbagli, professore di Sociologia presso l’Università di Bologna, recentemente ha pubblicato Immigrazione e sicurezza in Italia, Il Mulino 2008.

I reati commessi da immigrati aumentano e sono gravi: violenze sessuali, omicidi, furti e rapine; a minare il senso di sicurezza della gente sono reati come furti d’appartamento e borseggi, in buona parte commessi da immigrati; la falsa idea di una responsabilità mediatica nel diffondere insicurezza. Intervista a Marzio Barbagli
.

Possiamo partire da questo dato, certo un po’ imbarazzante visto da sinistra, dell’aumento dei reati commessi dagli immigrati…
Visto da sinistra o da destra il dato non cambia. La mia fatica è stata quella di dimenticare che ero di sinistra. All’inizio è stato difficile, ma dopo tanti anni che faccio il ricercatore mi sono convinto che quello che trovo, anche se non mi va bene, va pubblicato.
Tanto più che i dati che presento sono dati solidi: arrivano dagli archivi dell’Istat, dal Ministero dell’Interno, dai carabinieri, dalla polizia, dalla guardia di finanza, ecc. Sono i dati migliori che abbiamo, e quello che risulta sostanzialmente è che c’è stato un forte aumento della quota di stranieri sul totale delle persone denunciate, sul totale delle persone condannate, sul totale delle persone che stanno in carcere (anche se quest’ultimo dato andrebbe ulteriormente discusso).
Faccio subito una precisazione che riguarda i reati presi in considerazione, che sono specifici, non sono tutti. Per esempio, qui non parliamo dei reati cosiddetti dei potenti o dei colletti bianchi. Intanto perché ci sono scarse informazioni, ma soprattutto perché sappiamo che troveremmo sicuramente pochissimi immigrati in questo settore.
Questo però non vuol dire che i reati commessi dagli immigrati siano, come un tempo sosteneva il direttore di Repubblica, furtarelli da “ladri di polli”. No, qui parliamo anche di reati molto gravi, come violenze sessuali, omicidi e, in generale, furti e rapine, anche importanti cioè che producono ingenti somme di denaro. Si tratta in gran parte di reati contro il patrimonio e contro le persone.
Ci sono poi anche annotazioni curiose: ad esempio, colpisce il fatto che i due tipi di rapine per cui non è aumentata la quota di stranieri sono quelle che rendono di più, cioè le rapine contro le banche e quelle contro gli uffici postali, mentre la quota di immigrati è spaventosamente alta nelle rapine di strada o in rapine che prima quasi non esistevano, ovvero quelle contro le abitazioni, che però sono un reato non particolarmente diffuso, meno di quanto risulta dai media. In alcuni reati infine la quota di stranieri è davvero incredibile, cioè siamo ai livelli di 60-65% nei borseggi, e si supera il 50% anche nei casi di furti in appartamento.
In gran parte poi si tratta di stranieri che ai controlli risultano essere persone irregolari, ovvero senza permesso di soggiorno.
Anche qui però non vuol dire che i reati riguardino solo gli irregolari. In alcuni reati gravi, come le violenze sessuali o anche gli omicidi, i regolari sono una quota non irrilevante. Io non ho fatto i calcoli, perché probabilmente ho ancora dei freni inibitori, nonostante tutto, ma si può dire che in alcuni casi anche gli immigrati regolari commettono più reati degli autoctoni, degli italiani.
Un dato forse non così intuitivo e però fondamentale è che gli immigrati sono anche tra le principali “vittime” dei reati di cui parliamo.
Infatti, un dato altrettanto importante e drammatico è che una parte di questi reati sono commessi contro altri immigrati. Gli immigrati, cioè, sono più a rischio di subirli, oltre che di commetterli, degli italiani. Ci sono varie spiegazioni per questo fenomeno. Una è che, soprattutto gli omicidi, ma probabilmente anche le violenze sessuali (qui c’è un problema di dati perché le donne immigrate denunciano anche meno delle italiane) sono reati che hanno la tendenza ad avvenire nello stesso gruppo.
Il libro si interroga anche sulle cause del fenomeno, cioè del perché di questo grande e crescente -negli ultimi vent’anni- numero di reati. Anche attraverso confronti internazionali che però sono molto complicati, perché i dati sono diversi, poi le statistiche sulla criminalità sono tra le più difficili.
Certo è che non si tratta di un fenomeno solamente italiano.
Ciò che mi sembra non sia stato recepito pienamente è che la relazione tra immigrazione e criminalità varia nel tempo. Invece mi sembra che nell’approccio continuino a prevalere le posizioni ideologiche, che portano quelli di sinistra a pensare che non ci sia nessuna relazione, e quelli di destra a pensare che ci sia sempre stata…
In realtà, se prendiamo gli Stati Uniti, gli immigrati nei primi trent’anni del Novecento, come nell’ultimo ventennio dell’800, con le dovute eccezioni, commettevano meno reati degli autoctoni. Lo stesso avveniva per gli immigrati nell’Europa centro-settentrionale.
La situazione è cambiata negli anni ’70, sia per gli immigrati di prima generazione che per gli immigrati di seconda generazione. In sostanza è cambiata la frequenza con cui gli immigrati commettono reati.
Come si spiega quest’inversione di tendenza?
Intanto negli anni ’70 intervengono alcuni cambiamenti nell’economia e nel mercato del lavoro. Dopo il 1973, con la crisi petrolifera, si assiste alla fine di una fase di fortissima industrializzazione e sviluppo economico, di cui risentono anche i flussi migratori. Il rapporto tra push e pull, tra richiesta di immigrati e desiderio di venire nei paesi ricchi diventa così un rapporto squilibrato e questo induce molti paesi a introdurre delle regole per selezionare gli immigrati, per ridurre i flussi. Queste regole a loro volta hanno delle conseguenze, perché creano la figura dell’immigrato clandestino che prima non c’era.
Questa è la spiegazione generale. Ci sono poi ulteriori osservazioni specifiche che riguardano il nostro paese che credo si possano riassumere nelle difficoltà di adottare delle politiche e una legislazione capaci di aumentare l’efficienza dei controlli interni.
Nell’analizzare le due leggi, la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini, lei sostiene che sono molto meno diverse di quanto i rispettivi partiti politici le presentino...
E’ così. E aggiungo che entrambe hanno avuto qualche effetto nel senso che, se non altro, hanno arrestato l’aumento di immigrati irregolari, se possiamo dire così. Si potrebbe obiettare che la quota era talmente alta che non era difficile, comunque hanno aumentato la capacità di controllo interno da parte delle autorità italiane, che significa la capacità di espellere, di rimpatriare gli immigrati che le forze dell’ordine, la magistratura ritengono debbano lasciare il nostro paese.
Attenzione, qui non parliamo degli immigrati irregolari, bensì di immigrati su cui ci sono seri sospetti -o prove- che stiano commettendo attività illecite. Il termine tecnico usato dal Ministero degli Interni è persone “rintracciate”, e si tratta di una piccolissima parte degli immigrati irregolari.
Sugli immigrati irregolari infatti la polizia non chiude solo un occhio, li chiude tutti e due. Non controllano certo le badanti, perché non hanno né le risorse né il mandato.
Il problema sono appunto i rintracciati che negli ultimi anni hanno raggiunto quota centomila all’anno, che in parte sono gli stessi perché non riescono poi a respingerli. E qui si apre un altro capitolo che è quello dell’identificazione. Queste persone infatti danno false generalità, non dicono da che paese vengono, rendendo pressoché impossibile rimpatriarle. Resta il fatto che grazie ai centri di permanenza temporanea, che certo sono nati male, e altri istituti introdotti dalle due leggi, la quota di persone rimpatriate sul totale dei rintracciati è aumentata, per quanto non in maniera lineare.
Direi pertanto che la situazione da questo punto di vista è migliorata e ciò mostra che si potrebbe fare qualcosa.
Il nostro paese vanta poi altre due specificità. Una è l’esistenza di una forte quota di lavoro nero, luogo privilegiato per gli irregolari. E’ chiaro che la presenza di un settore informale dell’economia così ampio favorisce l’immigrazione irregolare. Il secondo fattore è il bassissimo numero di controlli fatti nei luoghi di lavoro. In altri paesi mediterranei, come la Spagna, ad esempio, i controlli (almeno dai dati) sembrerebbero decisamente superiori.
Nel capitolo che ha dedicato all’omicidio della signora Reggiani lei sfata l’idea che alla base di un aumento dei reati compiuti dai rumeni ci sia l’entrata in Europa della Romania. Può spiegare?
Intanto quel capitolo è stato frainteso, per motivi di convenienza, dai giornalisti rumeni che infatti volevano tutti intervistarmi. In realtà io ho cercato di dimostrare che è indubitabile che i rumeni commettano molti più reati del loro numero (ma questo vale anche per albanesi e marocchini), ma che era sicuramente sbagliata l’idea che questo dipendesse dall’entrata nell’Unione Europea della Romania e della Bulgaria.
Il fenomeno è iniziato prima, in corrispondenza di un’altra legge in base alla quale veniva meno il bisogno del visto. Questo ha fatto sì che, come i dati hanno mostrato, sono arrivati davvero un grandissimo numero di rumeni, parte dei quali sono stati successivamente regolarizzati dalla legge Bossi Fini. Chiaramente l’ingresso nell’Unione Europea ha accentuato ulteriormente questo processo che però era iniziato molti anni prima. Ecco, questo discorso è stato frainteso dai giornalisti rumeni che hanno scritto che io sostengo che era tutta una balla, e che i rumeni sono tranquilli…
C’è una ragione particolare per cui alcuni gruppi, rumeni, marocchini e albanesi, commettono più reati di altri?
Intanto sono i gruppi più numerosi e noi sappiamo che c’è una forte relazione tra immigrazione regolare e irregolare. Il discrimine tra regolari e irregolari è un confine quasi casuale, casomai dovuto al fatto che uno è arrivato prima… Tra gli irregolari poi ci sono anche quelli che effettivamente commettono reati; alcuni vengono già con l’idea di commetterli, altri si trovano a compiere azioni illecite una volta qui.
Un mio giovane collega, Asher Colombo, ha fatto la tesi di dottorato entrando in un gruppo di algerini e seguendoli. Ne è uscito un libro molto bello, perché è difficile fare ricerche di questo tipo. Questi giovani infatti, non corrispondevano allo stereotipo dell’immigrato disperato, poveraccio, erano persone di classe media che avrebbero potuto benissimo trovare lavoro in patria, ma che avevano aspirazioni più alte, e che non riuscendo a soddisfarle per le vie ordinarie, talvolta finivano con lo scegliere percorsi illeciti. E’ una dinamica che riguarda anche i giovani italiani: persone che non commettono reati ne conoscono altre che li commettono e non le andrebbero mai a denunciare, sono mondi confinanti, non esistono barriere rigide…
Insomma, ripeto, sono ambiti molto fluidi per cui è difficilissimo compiere indagini accurate. Sicuramente andrebbero maggiormente indagate anche le “reti viziose” oltre a quelle virtuose, perché è evidente che esistono reti molto efficienti anche nel campo della delinquenza.
Ma il numero complessivo dei reati è aumentato?
Anche qui bisogna fare attenzione, perché si rischiano fraintendimenti. Noi siamo in un periodo, iniziato dal 1991 (ce n’era stato un altro breve a metà degli anni 50), caratterizzato dal tasso di omicidi più basso della nostra storia, ovvero degli ultimi cinquecento anni. Gli anni ‘90 hanno inoltre visto diminuire molti reati predatori, come alcuni furti, ecc. Per esempio i furti di auto sono diminuiti (ma perché non convengono più).
Altri reati invece sono continuati ad aumentare, penso ad esempio alle rapine. Non solo, anche alcuni dei reati che hanno subito un calo in realtà mantengono tassi elevati. Questo significa che noi oggi abbiamo tassi di furti e di rapine molto più alti di venti, trenta e quarant’anni fa. Pertanto possiamo dire che c’è un alto livello di criminalità.
Certo, lo ripeto, gli omicidi sono diminuiti, però sfortunatamente gli omicidi non influiscono sul senso di sicurezza, perché sono pochi, difficilmente ci si identifica, di fatti non c’è mai correlazione tra il tasso di omicidi di un luogo e l’indicatore di sicurezza. Quelli che determinano il senso di insicurezza sono i reati più frequenti e visibili. Influiscono molto anche le forme di degrado, cioè le violazioni delle regole che non riguardano il codice penale, sono le cose di cui la cittadinanza bolognese si lamenta da quindici anni, sono Piazza Verdi o semplicemente i graffiti, le prostitute che pure tutti sanno che non commettono reati… e però vedere le prostitute, vedere i tossicodipendenti…
Questo meccanismo è stato anche spiegato: l’idea che le persone si fanno è che non ci sia nessuno capace di difendere l’ordine nel proprio quartiere, e quindi se loro vedono tossicodipendenti, persone che fanno rumore, che si ubriacano, che si picchiano, eccetera pensano che possa succedere qualcosa di molto più grave, e quindi si sentono in pericolo.
Questo è un grande problema -lo dico scherzando- per quelli di Rifondazione Comunista, perché loro nei dibattiti ripetono: “Ma come? Sono diminuiti gli omicidi!!”, cioè pensano che il senso di sicurezza sia una palla inventata da Berlusconi e dai media. Ma non è così. E poi dicono una cosa apparentemente giusta ma che dimostra che non ci hanno pensato, cioè loro dicono: “Ma, e i reati dei potenti?!”. Ma neanche quelli purtroppo influiscono sul senso di sicurezza!
Tutti sono consapevoli che ci sono ma non ho mai sentito nessuno dire: “C’è stato un grave caso di corruzione, ora mi sento meno sicuro”. No, ci si arrabbia, ci si scandalizza, per motivi evidenti, ma non è che uno si sente minacciato. Uno si sente minacciato dal borseggio della zia, oppure dal furto d’appartamento del cugino, o di una persona che conosce.
Più ancora che le notizie stampa influisce quello che si vede e si apprende da persone che si conoscono che magari raccontano che la zia della zia ha avuto un borseggio, però se uno se lo sente raccontare un giorno sì e uno no…
Diceva che le rapine in casa però non sono così frequenti..
Le rapine in casa fanno molta paura, perché in genere avvengono con persone che ti minacciano, che magari sono armate o male intenzionate, sicuramente non sono cose piacevoli, però effettivamente sono un numero relativamente basso rispetto al clamore suscitato. D’altra parte hanno suscitato grande scalpore perché una volta erano rarissime. Negli ultimi anni sono sicuramente aumentate, e in questo gli immigrati hanno dato un certo contributo. Cioè queste non sono invenzioni dei media, sono cose vere. Come è vero ed è stato ampiamente documentato che molti borseggi vengono messi in atto da bambini nomadi, i cosiddetti zingari, che hanno meno di 14 anni o così dicono. Pure questo crea insicurezza, anche perché sembra un problema irrisolvibile e in effetti è difficile da risolvere, perché i bambini non possono andare in carcere quindi non si sa bene cosa fare, tra l’altro non è che questi si fanno mettere da qualche parte, se ne vanno via…
Quindi lei nega ci sia un rapporto tra i media e il diffuso senso di insicurezza…
Non sono io. Intendiamoci, i media contano naturalmente, però nella letteratura scientifica si dice che i media influiscono su quello che viene chiamato “concern about crime”, cioè la preoccupazione della criminalità. Ma questo meccanismo è molto legato al grado di interesse politico della gente (cioè alcuni non le sentono proprio queste notizie). Ovviamente, il caso della signora Reggiani l’abbiamo sentito tutti, ma per molti altri fatti bisogna leggere i giornali e qui veramente è dirimente l’orientamento politico.
La “fear of crime”, cioè la paura, il senso di insicurezza è un’altra roba ed è molto stabile, infatti laddove ci sono serie storiche di dati, come ci sono in Gran Bretagna e Stati Uniti, si vede che cambia poco. Perché cambi sono necessari dei mutamenti importanti, che la gente percepisca.
Ora, il senso di sicurezza in genere viene misurato chiedendo alla gente se ha paura ad uscire la sera di casa e a camminare da sola nel quartiere dove abita, questo è un indicatore tra i più usati.
Ecco, questo non varia a seconda di quello che dicono i media, è costante ed è costantemente alto. Ha cominciato a salire quando questo tipo di criminalità è aumentato in tutti i paesi occidentali, cioè in Italia dalla fine degli anni ’60, in altri paesi prima. Una volta raggiunti i livelli alti negli anni ’80 è rimasto costante, non ci sono stati mutamenti, mentre i giornali se la raccontano. Purtroppo anche chi fa i sondaggi spesso alimenta questa confusione.
Certo, ci sono anche delle situazioni che loro definiscono di emergenza, intanto perché le definiscono loro, e poi perché può succedere. Qualche anno fa, mi sembra fosse il 2001, a Milano ci furono dieci omicidi concentrati in pochi giorni, ma poi il numero complessivo degli omicidi non cambiò rispetto all’anno precedente…
Allora può darsi che un certo accanimento mediatico, anche nel sottolineare la nazionalità, alla fine influisca, io però credo più al fatto che la gente vede, vede che ci sono gli spacciatori, vede che una parte non sono italiani, oppure vede le prostitute e vede che non sono italiane… In queste cose le convinzioni si formano così, senza con questo sminuire i media, che certo contano, però secondo me sono sopravvalutati.
Nel tentativo di offrire delle spiegazioni a questi comportamenti devianti lei utilizza il concetto di “privazione relativa”, cosa significa?
Per provare a capire in effetti esistono due spiegazioni. Una è la teoria del controllo sociale che ci aiuta a comprendere i reati non solo degli immigrati ma di tutti noi. L’altra è quella della privazione relativa e del gruppo di riferimento. Mi spiego: le persone, soprattutto i giovani, che vengono in Occidente hanno sempre più come gruppo di riferimento non quello che lasciano al loro paese ma quello che trovano nei paesi ricchi.
Da questo punto di vista, per la seconda generazione la situazione è ancora più grave, perché effettivamente questi giovani si specchiano a tutti gli effetti sui loro coetanei. Se poi, come è successo in Francia, godono anche degli stessi diritti politici, in qualche modo, paradossalmente, il confronto diventa più frustrante e possono scattare dei cortocircuiti. Intendiamoci, questo non vuol dire che non bisogna concedere i diritti politici, ma che non basta. Perché i giovani figli di immigrati nati e vissuti in Francia hanno tutti i motivi per considerarsi uguali nelle aspettative ai loro coetanei figli di francesi, e siccome dal punto di vista sociale e economico la situazione è invece molto diversa, ogni tanto si arrabbiano e sfasciano tutto, bruciano macchine, invadono le strade. Sono problemi che hanno tutti i paesi europei.
Che peso hanno le condizioni socio-economiche, la presenza di reti familiari, l’integrazione insomma?
L’integrazione è fondamentale. Anche come deterrente. Ho menzionato la teoria del controllo sociale, ebbene questa teoria, che tra gli studiosi di scienze sociali gode di maggiore credito, deriva dall’etica cristiana e in qualche modo può applicarsi alla generalità della popolazione: siamo tutti peccatori, ciascuno di noi può commettere reati, quelli che non li commettono è perché hanno dei forti controlli esterni e interni.
Ora, tra i controlli esterni non c’è solo il rischio della denuncia ma anche quello di far soffrire le persone care. I “controlli esterni” sono allora la mamma, la fidanzata, il marito, il compagno di lavoro. Perché pensi: “Ma se mi prendono do un dolore a mia madre”. Ecco, nel caso degli immigrati, è evidente che questo vincolo è molto debole: molti di loro non hanno una rete all’inizio, a volte stanno dentro una rete nata proprio per le attività illecite, quindi sostanzialmente sono svantaggiati da questo punto di vista. Naturalmente sono svantaggiati anche dal punto di vista economico. Però la spiegazione che c’è nella testa della gente per cui questi commettono reati perché sono poveri, bisognosi, beh, non funziona.
Tanto più che non tutti sono poveri, certo magari non sono ricchi… Ma ad ogni modo non rubano perché sono poveri e bisognosi, no…
Quanto conta invece la legislazione? Oramai è molto difficile entrare come “regolari”. In fondo è stato questo labirinto di leggi e filtri a produrre il soggetto clandestino…
La farraginosità del nostro sistema certamente influisce. Il fatto che non siamo mai riusciti ad adottare una programmazione congrua dei flussi, e che quindi ci siano sempre più persone che devono entrare come irregolari, consapevoli che poi verranno regolarizzati secondo una sanatoria, beh, anche questo favorisce le attività illecite.
Basti guardare all’ultimo decreto flussi, è evidente che sono regolarizzazioni mascherate, perché sono tutti già qui. Se penso al mondo degli universitari, che conosco meglio, ecco anche lì molte volte le regole adottate per evitare abusi sono talmente tante che alla fine quasi costringono a fare abusi, perché poi alcune sono effettivamente assurde, e così per aggirarle si finisce con il moltiplicare gli abusi. E una volta che si passa di là, qualcuno può anche pensare che allora, abuso per abuso…
Pertanto, sicuramente la situazione delle leggi influisce. Ma influisce anche sull’altro versante. Un sistema come il nostro, che funziona male (anche se un poco meglio di prima) è un grande spreco di risorse e di capitale umano, e influisce negativamente sullo stesso funzionamento delle forze dell’ordine, della magistratura…
I poliziotti non ne possono più degli immigrati, perché vedono che la loro attività è in gran parte inutile: si ritrovano sempre gli stessi! Intanto è difficile provare che uno sta spacciando, perché naturalmente gli spacciatori sono bravi nel non farsi cogliere con le mani nel sacco, hanno una serie di trucchi che i poliziotti conoscono, e poi appunto se continuano a cambiare generalità è difficilissimo fermarli. Per non parlare del famoso indulto che ha avuto effetti disastrosi…
Come non bastasse, c’è questa infinita polemica tra destra e sinistra, in gran parte finta, fatta dai leader per dire ai seguaci: “Io difendo gli immigrati”, e gli altri: “Io difendo voi dagli immigrati”. Questo è normale però rende difficile trovare una soluzione ai problemi.
Esiste qualche paese che ha trovato il modello giusto?
La Svezia viene sempre citata, l’ho fatto anch’io, ma temo di essere stato influenzato dal mio orientamento politico nell’enfatizzare. Un mio collega, un criminologo svizzero molto bravo, a un dibattito a Torino mi ha fatto delle obiezioni. La letteratura dice che in Svezia gli immigrati di seconda generazione sono meglio integrati e quindi presentano meno problemi e la spiegazione sarebbe che quel paese ha investito moltissimo nelle scuole, eccetera. Il mio collega sostiene invece che il motivo principale è che lì c’è stata un’immigrazione diversa, perlopiù politica, di sudamericani e altri gruppi… In realtà nessuno di noi è però in grado di dimostrare efficacemente una tesi o l’altra. In generale è un problema che attanaglia un po’ tutti i paesi. Ad oggi non c’è un modello risolutivo. Lo stesso modello francese che è generoso nel concedere diritti politici e di cittadinanza agli immigrati, a differenza del modello tedesco, in questi ultimi anni ha mostrato i suoi limiti.
Oggi è sempre più chiaro che non basta concedere diritti di cittadinanza, diritti politici, poi bisogna occuparsi di tutto il resto, perché gli immigrati, in particolare la seconda generazione, non possono essere troppo diseguali, e quindi non basta nemmeno costruire case popolari nelle periferie, perché all’inizio ti ringraziano, ma poi si arrabbiano…
Insomma è complicato, nei prossimi anni ne vedremo delle belle…
Una questione più di fondo: mentre la destra sembra benissimo attrezzata ad affrontare questi fenomeni, per quanto a suo modo, la sinistra continua a balbettare…
In realtà non è vero che la destra è benissimo attrezzata, è molto divisa al suo interno. D’altro canto, se pensiamo che una volta anche il solo affrontare il problema poneva ostacoli insormontabili, possiamo dire che la sinistra ha fatto dei passi avanti. A livello individuale, molti hanno preso atto della situazione e hanno cambiato posizione. Nel libro ricordo il percorso di Livia Turco e le sue posizioni prima di essersi occupata concretamente del problema, e dopo.
Nel corso dell’ultimo governo del centrosinistra ho collaborato con il Ministero dell’Interno e ricordo che c’era una simpatica avvocatessa, una cattolica di formazione di sinistra, che sono quelli che hanno il cuore più aperto, io all’inizio la prendevo in giro quando parlava degli immigrati… Quando è andata al Ministero degli Interni, dove le informazioni sono di prima mano, beh ricordo che mi diceva: “Eh, Marzio, in effetti ne sto vedendo delle belle…”. E questo vale in generale. L’approccio è cambiato. Se per sinistra si intende il Partito Democratico una parte dei dirigenti è cambiata.
Quelli che sono cambiati poco sono quelli della cosiddetta sinistra radicale, che sono scomparsi peraltro… Quando sento Sansonetti, il direttore di Liberazione, mi fa un grande effetto, mi sembra di sentire me stesso quando avevo vent’anni… Certo, può darsi che io sia in una fase di rimbecillimento senile, però credo ci sia dell’altro, cioè questi fanno grande fatica a capire le trasformazioni.
E’ curioso: la gente comune ha capito questi problemi molto prima degli studiosi di sinistra, che sono accecati dalla loro ideologia, sono “fregati”, non capiscono, sono così difesi dai loro schemi interpretativi che non rimettono mai in discussione, perché se no guai…
Comunque, ripeto, mi pare che gran parte della sinistra sia cambiata nell’atteggiamento e nelle analisi.
Ma anche all’interno della destra non c’è un approccio monolitico, sono in molti a essere convinti che occorre fare dei passi avanti sulla strada della cittadinanza. Questo è un tema importante che purtroppo nessuno solleva in modo serio. La sinistra dovrebbe fare delle proposte coraggiose, invece che avvitarsi in questi discorsi che mostrano ottusità, per cui gli immigrati non sono un problema ed è tutto un’invenzione della destra. Gli immigrati sono anche un problema. Anziché giocare sempre di rimessa, dovrebbe assumere una posizione forte, soprattutto nel campo dei diritti politici, anche degli immigrati di seconda generazione, di cui invece non parla mai nessuno. Anche sul piano dell’integrazione nelle scuole, dove pure si fanno delle cose, ci vorrebbe un programma, un impegno straordinario.
Io non vedo e non sento nulla di tutto questo, neanche da parte della sinistra alternativa. Invece una parte della destra, secondo me, ci sta pensando a fare dei passi avanti sul tema della cittadinanza. Poi non pensiamo che la cittadinanza sia risolutiva, l’abbiamo visto nel caso della Francia, come anzi nascano altri problemi, però non c’è un’altra strada.

UNA CITTÀ n. 161 / dicembre 2008 - gennaio 2009

lunedì 4 maggio 2009

Notti tranquille, assessore Dalla Pozza: “Tredici verbali nella prima notte di servizio dimostrano l’utilità dell’intervento”

Quattro ore di controlli notturni per 13 interventi: questo il bilancio della prima notte di servizio aggiuntivo che la polizia locale di Vicenza ha svolto nell’ambito del progetto “Notti tranquille”: 2500 ore di servizio aggiuntivo in 11 mesi per rendere più sicure le zone di Campo Marzo, via Torino, via Napoli, via Firenze, piazzale De Gasperi, corso San Felice e Fortunato, viale Verona, viale San Lazzaro, località Ponte Alto e le rispettive laterali. Al primo servizio notturno, da mezzanotte alle 4 di sabato 2 maggio, ha preso parte anche l’assessore alla sicurezza Antonio Marco Dalla Pozza che ha constatato di persona l’efficacia del servizio: “Tredici verbali compilati in quattro ore - dichiara l’assessore - sono un dato particolarmente rilevante che dimostra l’utilità di questo progetto non solo per la lotta alla prostituzione ma, più in generale, per la sicurezza di un’intera zona di città particolarmente delicata”. Il servizio era composto da 3 pattuglie per un totale di 6 persone, di cui un ufficiale, 2 sottufficiali e 3 agenti.L’attività svolta ha portato all’accertamento di 3 violazioni all’ordinanza di contrasto al fenomeno della prostituzione, al ritiro di 2 patenti di guida ritirate, a una denuncia per guida in stato di ebbrezza alcolica, a una segnalazione al Prefetto per un veicolo non fermatosi all’alt regolarmente intimato dall’agente, alla compilazione di sei verbali per violazioni al codice della strada. Dalle due di notte in poi gli agenti hanno anche controllato bar e locali della zona, verificando che erano tutti stati regolarmente chiusi. “Ho potuto verificare personalmente – prosegue Dalla Pozza – la professionalità e l’impegno con i quali i nostri agenti di polizia locale si dedicano a questo servizio. A una certa ora della notte la città si svuota, ma non per questo diminuiscono i pericoli sulla strada. Quanto poi all’azione contro la prostituzione, non sono solo state accertate tre violazioni dell’ordinanza, ma è bastato che la pattuglia si appostasse nelle zone interessate dal fenomeno perché le ragazze sparissero immediatamente a dimostrazione dell’efficacia soprattutto preventiva dell’intervento”. Per il progetto “Notti tranquille”, che prevede anche l’acquisto di nuovi mezzi e strumentazioni, il Comune ha destinato una spesa di 349.600 euro, di cui 154.000 finanziati della Regione. Sono 40 gli agenti di polizia locale che vi aderiscono su base volontaria; 450 delle 2500 ore di servizio aggiuntivo saranno svolte in orario notturno, da mezzanotte alle 4 del mattino; 800 ore saranno svolte in orario serale fino alla mezzanotte. Nei prossimi mesi si conta di incrementare ulteriormente il servizio serale e notturno grazie al progetto finanziato dalla Provincia.

Wisco, in attesa della Via "Ferrovieri" in subbuglio

Lunedì 04 Maggio 2009 "Il Giornale di Vicenza" - Cronaca, pagina 16 - Articolo di Marco Scorzato

IN REGIONE. Mercoledì a Venezia il progetto dell’impianto tratta-rifiuti va in commissione, prima della decisione finale
Wisco, in attesa della Via Ferrovieri in subbuglio

Domani sera una nuova assemblea alla media di via Carta con Tamino e gli assessori all’ecologia

«No all’impianto tratta-rifiuti: è una minaccia per la salute di tutti». Oggi più che mai il grido d’allarme del Coordinamento contro l’impianto Wisco torna a farsi acuto: «nelle prossime ore», del resto, potrebbe giocarsi il futuro di una fetta consistente del quartiere dei Ferrovieri. I cittadini e le associazioni riuniti nel Coordinamento tornano ad urlare la propria opposizione al progetto dell’azienda di Monza - partecipata da Enel (51%) e Trenitalia (49%) - che vorrebbe realizzare un impianto per il trattamento dei rifiuti liquidi speciali, anche pericolosi, all’interno dell’Arsenale Fs. Un progetto che porterebbe da 50 a 250 le tonnellate di rifiuiti trattate ogni giorno nell’area di proprietà di Trenitalia che sorge nel ventre dello storico quartiere cittadino. Un progetto che spaventa la popolazione e che ha incontrato il no di tutte le istituzioni politiche locali, con la Provincia e il Comune che hanno più volte ribadito il loro parere contrario. A decidere, però, sarà la giunta regionale, chiamata ad esprimersi sulla richiesta dell’azienda, depositata ormai più di quattro anni fa.Ed è proprio guardando a Venezia che la cittadinanza vicentina torna ad intonare il suo «no» corale. Lo fa alla vigilia di un importante appuntamento in Regione: «Mercoledì 6 maggio si riunirà nuovamente la commissione Via per esprimere un ulteriore giudizio che potrebbe determinare la decisione finale della Regione», sottolinea il Coordinamento civico. Per l’occasione, il Coordinamento ha organizzato un’assemblea domani, dalle 20.30 nell’aula magna della scuola media di via Carta. È annunciata la presenza del biologo Gianni Tamino e degli assessori all’ecologia di Comune e Provincia. La vicenda Wisco tiene sulle spine i vicentini da circa quattro anni, da quando l’azienda di Monza - di cui oggi è amministratore delegato Stefano Piva - ha presentato il suo progetto di modifica e ampliamento dell’impianto esistente, per buttarsi nel business per cui è stata creata: il trattamento dei rifiuti liquidi industriali speciali, anche pericolosi. Da allora è partito un lungo iter amministrativo che, nella primavera scorsa, aveva portato ad un parere positivo da parte dalla commissione regionale Via, seppur con alcune prescrizioni. L’azienda ritiene di avere diritto ad ottenere - dopo il via libera tecnico della commissione - anche il semaforo verde politico dalla Giunta regionale.Ma l’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso non ha mai portato in giunta la delibera. Anzi, ha chiesto che la Via riesamini il progetto, anche alla luce dei nuovi documenti, contrari all’impianto, presentati dal Comune di Vicenza e da Acque Vicentine. Wisco, da parte sua, ha fatto ricorso al Tar, contestando l’inerzia della Regione. Ma il contenzioso davanti al giudice amministrativo potrebbe essere superato dagli eventi tecnico-politici dei prossimi giorni. Il nuovo parere della Via potrebbe risultare determinante per gli esiti della vicenda. È ciò che pensa il Coordinamento. Non senza timori, visto che l’epilogo resta incerto. «Questa più che mai - concludono i leader della mobilitazione - deve essere l’ora dell’informazione e delle azioni di protesta». Con una speranza: che sia la politica, una volta, a togliere le castagne dal fuoco.

Scattano i controlli nei quartieri a luci rosse

04 maggio 2009, "Il Corriere del Veneto" - Edizione di Vicenza - Cronaca. Articolo di Elfrida Ragazzo.


Scattano i controlli
nei quartieri a luci rosse

Tre gli aspiranti clienti multati, ritirate due patenti. Bollino rosso per viale San Lazzaro. In pattuglia anche l’assessore

VICENZA – La prima delle «Notti tranquille» di Vicenza ha dato buoni frutti. Esatta­mente 1500 euro in sanzioni comminate ad aspiranti clienti delle lucciole che la sera del pri­mo maggio, come d’abitudine, affollavano viale San Lazzaro. Tre i cittadini multati perché, abbordando una prostituta lun­go la strada, hanno trasgredito all’ordinanza del sindaco con­tro la prostituzione. L’avvio del progetto del Comune di Vicen­za sulla sicurezza nel quartiere a luci rosse della città (da Cam­po Marzo a Ponte Alto), oltre al­le pattuglie della polizia locale ha visto in prima linea anche l’assessore competente Anto­nio Dalla Pozza. «Abbiamo constatato che dalle due mezza, tre del matti­no – commenta Dalla Pozza – il numero delle 'signorine' cala e, anche se rimane una forte presenza vicino all’hotel Tiepo­lo (in viale San Lazzaro) credo siano diminuite, almeno ne ho viste di meno rispetto alla pri­ma volta che ero uscito per i controlli a settembre». Alla vi­sta delle auto dei vigili le prosti­tute si sono allontanate e di conseguenza pure i clienti. «I controlli – prosegue l’assesso­re alla Sicurezza – hanno sco­raggiato i vari interessati alle ra­gazze, facendo così perdere lo­ro la 'piazza'». Il progetto «Not­ti tranquille», comunque, non mira solamente a dare un giro di vite al fenomeno della prosti­tuzione su strada, ma anche a prevenire comportamenti ille­citi. Durante la notte tra venerdì, ad esempio, sono state rilevate circa 15 di infrazioni al codice della strada e sono state ritirate due patenti. La prima ad un cit­tadino che guidava con il per­messo scaduto e l’altra ad un uomo che alle due di notte transitava per viale San Lazza­ro in auto con un tasso alcole­mico superiore a 2g/l.
Gli agen­ti del comando di contrà Soc­corso Soccorsetto hanno an­che controllato i vari negozi della zona, constatando che tut­ti hanno rispettato l’orario di chiusura delle due. All’opera in un distinto servizio anche i ca­rabinieri del radiomobile di Vi­cenza che attorno alle due e mezza hanno fermato per un controllo un marocchino di 20 anni, già noto alle forze dell’or­dine, lungo strada Padana Su­periore. Il giovane, che aveva con sé 2,8 grammi di hashish, è stato segnalato alla prefettu­ra e gli è stata ritirata la paten­te. Mentre, ieri alla prefettura è arrivata un’altra segnalazione da parte del Radiomobile. Si tratta di un trentanovenne di Montecchio Maggiore trovato a Campo marzo con 0,3 gram­mi di eroina, poi sequestrata. La vigilanza straordinaria della polizia locale, non si ferma do­po il primo maggio. Per circa undici mesi, infatti, continuerà il progetto «Notti tranquille» che prevede tra Campo Marzo e Ponte Alto la presenza sia not­turna che diurna dei vigili (40 in tutto). Durante la mattina verranno controllate le residen­ze anagrafiche in quelle abita­zioni dove sono state segnalate irregolarità, di pomeriggio ver­ranno passati al setaccio i par­chi, di sera e di notte fino alle 4 verrà contrastata la prostituzio­ne.

Aim, carburanti "nuovi". Sui bus l'olio di frittura

Da "Il Giornale di Vicenza" di Domenica 03 Maggio 2009, CRONACA, pagina 20 - Articolo di Maria Elena Bonacini

AMBIENTE. L’assessore Antonio Dalla Pozza con i tecnici della Municipalizzata ne parla in un incontro a Campedello, organizzato dal coordinamento di quartiere

Aim, carburanti “nuovi”
Sui bus l’olio di frittura

Contenitori per la raccolta anche nei supermercati L’assessore: «Poi diventa biodiesel per il trasporto»

L’olio della frittura? In futuro potrebbe far correre i mezzi delle Aim. È questa una delle novità annunciate dall’assessore all’ambiente Antonio Marco Dalla Pozza, durante la serata sul tema della raccolta differenziata organizzata a Campedello dal coordinamento delle associazioni del quartiere.L’incontro, al quale per Aim hanno partecipato Ruggero Casolin, dirigente del settore ambiente e il tecnico Giovanni Bozzo, ha però portato anche altre novità, in primis sulla nuova ricicleria in via Venier «che - spiega Dalla Pozza - dovrebbe essere aperta a fine maggio» e l’eternit «per il quale stiamo studiando una raccolta gratuita a domicilio per piccole quantità in possesso privati». L’olio di cucina era forse uno degli argomenti più sconosciuti ai cittadini, molti dei quali anziani, che forse hanno scoperto al momento dell’esistenza della tanichetta da ritirare e svuotare in ricicleria. «Un’idea - ha annunciato l’assessore - è quella di mettere contenitori fuori dai supermercati, come a Rovigo, dove l’olio (trasformato in biodiesel), serve poi per i mezzi dell’Asm». I due rappresentanti di Aim hanno puntato molto sulla riduzione dei rifiuti «ad esempio acquistando prodotti con meno imballaggi e riutilizzando le borsine», ma anche sul livello di differenziata raggiunto da Vicenza «che ora si attesta oltre il 50 per cento - spiega Casolin -, con 16 linee, di cui 8 a domicilio e 8 in strada, per un totale di 4.500 cassonetti. Ogni rifiuto, poi, viene ritirato da chi lo smaltirà, evitando così di mischiarli». Tante le domande esplicite a cui è stata data risposta: Perché il metallo va con la plastica e non col vetro? Perché per il consorzio è più facile dividerli. Nei cassonetti si possono quindi mettere - tra gli altri - bottiglie di plastica, vaschette e pellicole in plastica, polistirolo o alluminio, sacchetti, lattine, contenitori in banda stagnata, blister delle medicine vuoti. Ma non piatti e bicchieri di plastica. Perché? I tecnici non lo dicono esplicitamente, ma la questione non è economica: solo gli imballaggi ricevono il contributo. E nella plastica non si mettono nemmeno i giocattoli che se sono in buono stato possono essere consegnati alle cooperative che gestiscono le riciclerie e riusati. Gli indumenti rotti? Nei cassonetti gialli come quelli in buono stato, poi saranno smistati. La tassa sugli elettrodomestici? Non si paga più. Tanti quesiti anche sul verde, per il quale si possono usare i cassonetti, acquistare i bidoni che poi vengono vuotati a domicilio (il più comune costa 34 euro), o tenere un composter (4 mila in città), ricevendo uno sconto sulla quota variabile. È invece proibito bruciarlo.